La proteina IL-17 A rivela un ruolo ambivalente nelle infiammazioni
Un recente studio, pubblicato sull’edizione on line di Nature Immunology, dimostra che una proteina, spesso accusata di “avviare” i meccanismi che inducono all’insorgenza di alcune malattie autoimmunitarie, può invece spegnere l’infiammazione ed impedire la comparsa delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino. I ricercatori dell’Howard Hughes Medical Institute dell’Università di Yale, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Tokyo e del Children’s Hospital di Pittsburgh, hanno infatti scoperto che la proteina interleuchina 17A (IL-17A) può comportarsi come Dott. Jekyll o Mr. Hyde, a seconda del tessuto e dello stadio della malattia in cui è coinvolta. La scoperta ha importanti ricadute terapeutiche dal momento che attualmente si sta cercando di trattare i disordini infiammatori con farmaci in grado di bloccare sistematicamente la proteina IL-17. Un approccio che, secondo lo studio appena pubblicato, potrebbe avere effetti inaspettati, dato il nuovo ruolo che la proteina IL-17 ha dimostrato di avere.
“Com’è noto la proteina IL-17A ha attività pro-infiammatoria allo stadio cronico della malattia infiammatoria intestinale, mentre il nostro modello indica un ruolo protettivo durante la fase di insorgenza della malattia stessa” spiega Richard Flavell, ricercatore dell’Howard Hughes Medical Institute.
IL-17A è una delle tante citochine prodotte in loco quando il sistema immunitario si attiva per respingere un’infezione durante una tipica risposta antiinfiammatoria. Talvolta però le citochine possono anche danneggiare i tessuti che pure vogliono proteggere. La proteina IL-17A, prodotta da specifici linfociti T helper 17 (TH-17), oltre che da altre cellule specializzate, presidia dalle infezioni batteriche o virali i tessuti esposti quali la pelle, le vie aree e l’intestino. Sebbene alcune proteine della famiglia delle citochine IL-17 possono essere benefiche, questo ruolo è spesso oscurato dal fatto che sono anche responsabili della stimolazione di condizioni autoimmuni come le malattie croniche autoimmuni dell’intestino, l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla. Le ricerche del gruppo di Flavell suggeriscono quindi di riconsiderare la classificazione della proteina IL-17A, almeno per quanto riguarda le malattie infiammatorie croniche dell’intestino.
Lo studio ha inizialmente analizzato come le coliti – una forma di infiammazione intestinale – progrediscono nel topo, una volta indotte mediante l’introduzione di nuove cellule T nel sistema immunitario murino.
L’induzione della colite con cellule T modificate geneticamente ha permesso di stabilire che l’infiammazione risultava meno severa nel topo le cui cellule T non potevano produrre la proteina IL-17A, confermandone il ruolo pro-infiammatorio, ma dimostrando al contempo che tale infiammazione risultava ampiamente aggravata nei topi le cui cellule T erano deficitarie nel recettore per IL-17, il che preveniva che queste ultime rispondessero allo stimolo, questa volta antiinfiammatorio, di IL-17A. E’ stato poi visto che la proteina IL-17A rallenta la maturazione delle cellule T in cellule più specializzate, le cosiddette T helper 1 (TH1), note per causare la colite, dato che conferma ancora una volta l’attività antiinfiammatoria di questa citochina.
“IL-17A sembra produrre nell’animale un significativo effetto protettivo” commenta William O’Connor, primo autore della ricerca. “Ma in alcuni casi il programma infiammatorio dei linfociti TH1 prende il sopravvento portando probabilmente alla progressione della malattia. Ciò spiega apparentemente perché i benefici effetti di IL-17A si manifestano principalmente durante i primi stadi della malattia”. Ulteriori ricerche permetteranno di svelare più approfonditamente i meccanismi molecolari con cui IL-17A sopprime l’insorgenza delle malattie infiammatorie intestinali.