NBI: Luce blu per individuare tumori alla vescica
(AGI) – Genova, 6 mag. – Al congresso americano di Urologia, in corso a Chicago, i ricercatori dell’IST, diretto dal professor Paolo Puppo, hanno riportato per la prima volta al mondo i risultati dell’applicazione di un nuovo tipo di luce alle tecniche endoscopiche che permettono la diagnosi dei tumori della vescica. Questa luce si chiama NBI (narrow band imaging) e, attraverso l’uso di particolari filtri, esalta una parte del fascio di luce in modo tale che essa venga assorbita maggiormente dalle strutture ipervascolarizzate, e quindi anche dai tumori. L’effetto e’ quello di una illuminazione a luce blu-verde sulla quale emergono in maggiore dettaglio le strutture sospette per neoplasia. L’NBI e’ gia’ stata usata con successo in gastroenterologia, ma solo ora se ne propone l’uso nelle tecniche urologiche endoscopiche. Per la prima volta al mondo, all’IST e’ stata studiata l’NBI nella ricerca del carcinoma in situ, ossia un tipi di tumore maligno della vescica ‘piatto’, difficile ad individuarsi con la luce bianca usata in endoscopia.
Applicata alla tecnica delle ri-biopsia, ossia all’approfondimento diagnostico di casi gia’ operati con lesioni ad alto potenziale di malignita’, ha permesso di individuare un ulteriore 13 per cento di lesioni altrimenti non individuabili con la luce bianca. Il tumore della vescica e’ una delle neoplasie piu’ frequentemente riscontrate dall’urologo e ha un impatto sociale rilevante. E’ il quarto cancro per incidenza dopo i tumori della prostata, del polmone e del colon-retto, costituendo il 10 per cento di tutte le neoplasie negli uomini e il 4 per cento nelle donne. In Italia, tra il 1993 e il 1997, sono stati diagnosticati 31.6 nuovi casi all’anno ogni 10.000 abitanti nell’uomo e 5.8 nella donna.
Nello stesso periodo la mortalita’ e’ stata pari a 7.7 decessi ogni 10.000 abitanti anno nell’uomo e 1.2 nella donna. In Liguria, nel periodo 1988-1999, sono stati calcolati 1.269 nuovi casi per anno nell’uomo e 350 nella donna. Il carcinoma in situ e’ una forma ad alta malignita’, il cui riscontro consiglia una maggiore aggressivita’ nel trattamento, sino alla asportazione completa della vescica, per fortuna oggi molto spesso seguita da una ricostruzione con neovescica e molto spesso eseguita con tecniche di preservazione della funzione sessuale.