Fibrosi cistica: pronti i pazienti la sperimentazione sull’uomo dei nuovi farmaci
Le ricerche sulla malattia genetica grave più diffusa stanno facendo grandi progressi ma per raggiungere risultati utili è fondamentale l’apporto dei pazienti negli studi clinici controllati. Ecco quanto è emerso al Seminario di Primavera promosso nei giorni scorsi a Verona dalla Fondazione per la ricerca sulla Fibrosi Cistica.
Le ricerche sulla fibrosi cistica non sono mai state così promettenti come ora. E’ quanto è emerso nel Settimo Seminario di Primavera “promosso dalla Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica che si è tenuto recentemente a Verona e che ha visto confrontarsi le due grandi reti di studi clinici, quella americana e quella europea impegnate nell’individuazione di terapie risolutive della malattia genetica grave più diffusa che nel mondo conta centomila malati, oltre cinquemila in Italia con tre milioni di portatori sani.
La ricerca di base ha individuato infatti negli ultimi anni e sta ancora individuando molecole e farmaci potenzialmente utili nella cura di quella che molti conoscono con il nome di mucoviscidosi. Grande interesse stanno dimostrando alcuni farmaci detti correttori della proteina CFTR e altri definiti invece potenziatori.
In merito a questi ultimi a Verona è stato ribadito un primo successo nei test clinici del VX770 che viene studiato negli Usa e che sta per passare alla cosiddetta fase tre, cioè alla sperimentazione sull’uomo in più larga scala.
Il prof. George Retsch-Bogart dell’Università del North Carolina, direttore del board scientifico del “CF Therapeutic Development Network” ha dato la garanzia che tra tre-cinque anni il farmaco verrà venduto in farmacia. Si tratta di una formula adatta solo per alcune mutazioni genetiche (la complessità della fibrosi cistica sta proprio nel fatto che sono moltissime le mutazioni della proteina CFTR e finora ne sono state individuate 1500) ma come ha sottolineato la dottoressa Graziella Borgo, medico genetista della Fondazione italiana che ha coordinato il seminario, “per la prima volta avremo un farmaco che va alla radice del problema e i malati che hanno quella particolare mutazione potranno finalmente prendere una medicina che non rallenta la malattia ma la risolve”.
In Italia l’equipe diretta dal prof. Luis Galietta, al Gaslini di Genova, sta sperimentando un farmaco altrettanto promettente, della famiglia delle diidropiridine.
Obiettivo della Fondazione italiana che ha promosso il convegno scientifico era fare il punto sui lavori dei vari network scientifici ma anche stimolare la realizzazione di un coordinamento per così dire, transoceanico, che ottimizzi tutte le risorse messo in campo. E a tal proposito il prof Roberto Buzzetti, rappresentante del comitato scientifico della FFC ha tenuto a sottolineare che “per arrivare alla risoluzione definitiva del problema ci voglio le idee, le persone e l’organizzazione (risorse comprese). Le prime le abbiamo, le seconda anche ora dobbiamo perfezionare la terza perché non c’è mai stato un momento così importante come questo”.
Ma un ruolo altrettanto importante nel risultato finale lo giocano anche i pazienti, senza la loro disponibilità a sperimentare terapie nuove la ricerca clinica non procede. E a tal proposito è intervenuto un testimonial d’eccezione, Danny Ferrone, un venticinquenne italoamericano malato di fibrosi cistica che da tre anni si sta impegnando in prima persona per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale e raccogliere fondi per la ricerca.
Danny che negli Usa ha fondato Fight Forever” è ora in Italia per supportare l’operato della Fondazione scientifica diretta dal prof. Gianni Mastella perché in essa ha individuato persone che mirano dritte alla meta. Danny, rivolto ai pazienti in sala ha detto: Noi abbiamo una grande responsabilità, senza il nostro aiuto la ricerca non avanza: è un dare e un avere. Deve entrare nella vostra testa che le terapie che vi stanno aiutando a stare meglio sono oggi disponibili perché un tempo c’è stato qualche altro malato disposto a sperimentarle sulla propria pelle. Serve quindi il nostro coinvolgimento, serve la nostra partecipazione ai trial clinici”.
La testimonianza di Danny, soprannominato Iron man dal nome della gara di triatlhon cui ha preso parte lo scorso anno, ma soprattutto per le sfide continue cui si sottopone da quando gli erano stati dati pochi mesi di vita, è stata significativa anche per un altro aspetto: l’ottimismo e la forza di volontà sono fattori importanti nella gestione di questa difficile malattia. “La mia vita è una lotta per assicurami ogni singolo respiro. Mi tengo in allenamento, faccio di tutto per essere in forma e dire agli altri malati che “non siete soli, per esserci il giorno che verrà trovata la cura definitiva”, ha concluso il giovane.
Non va dimenticato che la ricerca scientifica per procedere ha bisogno di fondi e quelli pubblici risultano sempre meno, perciò un’altra figura nell’intero processo risulta determinante, quella del donatore. Danny e tutti gli altri malati si appellano alla sensibilità di cittadini e imprese affinché contribuiscano a rendere sempre più solida la battaglia contro questo male per ora ancora incurabile.