Ecco come la fotostatina migliora l’indice di concentrazione lipidica

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Agendo su 63 geni contemporaneamente, nel modello animale ha consentito una rapida diminuzione ponderale, della glicemia e della colesterolemi

Un gruppo di ricercatori del Baylor College of Medicine e della Kyoto University ha individuato una piccola molecola che è in grado di “spegnere” i geni preposti alla sintesi dei grassi. Come riferiscono Salih Wakil, Motonari Uesugi e collaboratori in un articolo pubblicato sulla rivista “Chemistry and Biology“, la sostanza blocca il fattore di trascrizione SREBP, attivamente coinvolto nella sintesi dei grassi.

A differenza delle statine che attualmente in uso, che bloccano un solo enzima della via metabolica del colesterolo, questo composto – chiamato dai ricercatori fotostatina e precedentemente noto con la sola sigla 125B11 – influenza contemporaneamente molti geni coinvolti nella produzione e nel metabolismo dei lipidi e implicati per diversi aspetti nello sviluppo della sindrome metabolica, un complesso di fattori di rischio che comprendono obesità, ipercolesterolemia e resistenza all’insulina.

Lo studio delle colture in vitro ha mostrato che la fotostatina abbassa notevolmente l’attività di 63 geni, 34 dei quali direttamente coinvolti nella sintesi degli acidi grassi o del colesterolo, molti dei quali sono sotto il controllo di SREBP.

Una successiva analisi più puntuale ha mostrato che la fotostatina impedisce l’attivazione di SREBP e la sua penetrazione nel nucleo, dove innesca il programma per la produzione dei grassi, legandosi a un’altra proteina (SCAP) che funge da vettore di SREBP nel nucleo.

I topi a cui è stata successivamente somministrata la fotostatina hanno mostrato un significativo calo ponderale, indipendentemente dalla loro dieta, con una perdita media dopo quattro settimane del 12 per cento e una contemporanea diminuzione del 70 per cento dei livelli della glicemia. Anche il colesterolo (sia LDL sia HDL) è risultato abbassato, mentre risultava superiore la concentrazione ematica di acidi grassi, segno di una più elevata domanda di grassi da “bruciare”. I depositi di grasso nel fegato apparivano inoltre diminuiti del 30 per cento.

Alla capacità di bloccare la proteina SREBP è probabilmente legata anche la capacità di esplicare un’azione antitumorale contro il cancro della prostata che alcune precedenti ricerche su colture in vitro avevano attribuito alla fotostatina: le cellule in crescita hanno infatti bisogno di acidi grassi e di colesterolo per costruire la loro membrana.

La fotostatina non è la prima molecola che interferisce con SREBP, osservano i ricercatori, ma lo fa secondo meccanismi del tutto nuovi.

Gli autori avvertono che comunque è necessario ancora molto lavoro di ricerca prima che la fotostatina o un suo derivato possano essere impiegati in campo clinico contro l’obesità, le patologie cardiovascolari e il diabete.

Le Scienze – L’espresso

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