L’effetto probiotico della crusca, ma meglio se solubile

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I benefici dei batteri probiotici (in inglese)

I benefici dei batteri probiotici (in inglese)
I benefici dei batteri probiotici (in inglese)

Possibile che le fibre facciano male, se si soffre di intestino irritabile? Anche se da decenni la classica crusca viene usata per il benessere intestinale, pare proprio che non sia l’ideale per ridurre i dolori e migliorare la funzionalità in caso di colon irritabile: stando a una sperimentazione clinica condotta con criteri rigorosi sul tema, la fibra insolubile può perfino peggiorarne i sintomi, che invece vengono risolti nella maggioranza dei casi se si aumenta l’apporto di fibre solubili.

SPERIMENTAZIONE – La ricerca, appena pubblicata sul British Medical Journal, ha cercato di fare chiarezza su un tema discusso da decenni: in caso di colon irritabile, infatti, i medici spesso consigliano di aumentare l’introito di fibre (oltre a bere molta acqua e muoversi di più). Però si tratta di un’indicazione fondata più sulla tradizione che su evidenze scientifiche precise, tanto che alcune ricerche, in passato, avevano perfino suggerito che la fibra potesse peggiorare i sintomi dei pazienti. Quando in medicina ci sono dubbi simili, per sbrogliare la matassa si mettono in piedi sperimentazioni randomizzate e controllate, in doppio cieco: si prende cioè un gruppo di malati e, a caso, si somministra loro un placebo (terapia finta) o un trattamento vero e proprio senza che né i medici né i pazienti sappiano che cosa tocca a ciascuno. Per mettere alla prova la crusca René Bijkerk, dell’università di Utrecht in Olanda, ha condotto un’indagine genere di questo genere su 275 pazienti con intestino irritabile fra i 18 e i 65 anni: ad alcuni ha dato crusca (cioè una fibra insolubile), ad altri psyllium, una fibra solubile, ad altri ancora farina di riso come placebo. Il trattamento prevedeva 10 grammi di fibra due volte al giorno, per 3 mesi; a uno, due e tre mesi il medico ha valutato i sintomi (in special modo la funzionalità intestinale), il dolore e la qualità della vita dei partecipanti. Chiari i risultati: dopo tre mesi di cura, in un caso su quattro la fibra solubile ha ridotto di 90 punti nelle scale di valutazione la gravità dei sintomi, mentre il placebo l’ha diminuita di 49 punti e le fibre insolubili di 58. Chi prendeva lo psyllium era riuscito a stare anche due settimane senza dolori e c’è anche un altro dato che fa pensare: nel gruppo assegnato alle fibre insolubili molti hanno abbandonato la cura perché si sentivano perfino peggio. La crusca, insomma, non solo non dà un vantaggio clinico significativo, ma addirittura può essere poco tollerata da chi soffre di intestino irritabile.

EFFETTO PREBIOTICO – Il dato non sorprende troppo Massimo Campieri, responsabile del Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, che oltre a sottolineare il considerevole effetto del placebo rilevato dai ricercatori olandesi osserva: «La fibra tradizionale, come la crusca appunto, dà spesso effetti collaterali spiacevoli, dalla costipazione al senso di pesantezza. La si impiegava pensando che potesse aiutare l’intestino grazie all’effetto della sua massa inerte; in realtà negli anni recenti si è capito che conta un’altra azione della fibra, ovvero il suo essere prebiotica. Una proprietà che è molto più spiccata nelle fibre solubili». Queste sono infatti più ricche di derivati del glucosio, ovvero polisaccaridi che vengono metabolizzati dalla flora batterica intestinale favorendo lo sviluppo dei probiotici, i batteri «buoni» (lattici e bifidi) che mantengono in salute l’intestino. «Le fibre solubili perciò danno un concreto aiuto indiretto all’intestino, promuovendo la crescita di flora protettiva senza gli effetti sgradevoli della fibra tradizionale – riprende Campieri –. Per questo non mi stupisce il loro effetto positivo: tant’è che pure l’industria alimentare ha iniziato a inserire fibre solubili in numerosi prodotti. Queste fibre sono perciò semplici da introdurre nella dieta, ben tollerate, hanno anch’esse un «effetto massa» (seppure meno spiccato delle fibre insolubili), in più hanno una grande capacità prebiotica: ecco perché sono più efficaci delle altre nel regolare la funzione intestinale e nel ridurre la microinfiammazione correlata all’intestino irritabile».

COLON IRRITABILE – Sono quindi una buona scelta terapeutica, anche se lo specialista ci tiene a sottolineare che oggi la definizione di colon irritabile è in discussione. «Ci sono sempre meno casi etichettabili come sindrome senza cause specifiche: per fortuna oggi riusciamo a identificare molto meglio i motivi alla base dei disturbi intestinali – spiega Campieri –. Molti casi dipendono da intolleranze alimentari o da una microinfiammazione locale con cause precise. Il nostro gruppo di ricerca, ad esempio, ha scoperto di recente che otto casi di diarrea cronica su dieci, che sarebbero altrimenti indicati come intestino irritabile, sono provocati in realtà da un parassita, la Giardia, identificabile con un esame del sangue. Individuare la causa precisa del disturbo intestinale significa che, accanto a una terapia più generale magari proprio a base di fibre solubili, sarà presto possibile dare a ciascun paziente una cura su misura», conclude il gastroenterologo.

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