Identificata la nicchia delle cellule staminali nel midollo osseo

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Uno studio condotto a Modena da ricercatori dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia rivela i meccanismi alla base dei successi clinici ottenuti coi trapianti di midollo osseo/cellule staminali.

“Sebbene siano circa 50 anni che le procedure di trapianto siano entrate nella pratica clinica, non sono ancora chiare le precise ragioni per le quali dopo un trapianto le cellule staminali sono in grado di trovare un ambiente accogliente e favorevole” spiega il prof. Massimo Dominici del Dipartimento Integrato di Oncologia, Ematologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e responsabile del progetto di ricerca.
Una ricerca, avviata nel 2005 e svolta presso il Laboratorio coordinato dal prof. Massimo Dominici e dal prof. PierFranco Conte, Direttore della Struttura complessa di Oncologia, in collaborazione col prof. Paolo Paolucci, Direttore del Dipartimento Integrato Materno Infantile dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, e col prof. Edwin M. Horwitz dell’Ospedale di Philadelphia presso l’University of Pennsylvania (USA), ha rivelato che una popolazione di cellule normalmente fungenti da progenitori dell’osso (gli osteoblasti) sopravvive alle radiazioni (simili a quelle che si sprigionano con la bomba atomica e qui introdotte a dosi ridotte) usate nelle procedure preparatorie al trapianto.

In queste circostanze gli osteoblasti, invece di produrre osso, proliferano grazie ad una serie di fattori di crescita che aumentano dopo le procedure preparatorie al trapianto. Quindi, gli osteoblasti vanno a costituire delle vere e proprie nicchie nelle quali le cellule staminali possono localizzarsi, proliferare e consentire la sopravvivenza del trapiantato.
In sostanza, dopo l’esposizione alla radiazione, il midollo osseo reagisce e mantiene in vita un piccolo pool di cellule in grado di creare delle condizioni estremamente favorevoli alla ricrescita del midollo stesso grazie all’arrivo delle staminali.
L’importanza della scoperta è sottolineata dal rilievo che ha dato ad essa la prestigiosa rivista americana “Blood”, che nell’ultimo numero ha pubblicato per intero lo studio, dedicandovi anche la copertina ed un editoriale.
Lo studio, che si è avvalso della preziosa collaborazione della dott.ssa Valeria Rasini, della dott.ssa Rita Bussolari, della dott.ssa Elena Veronesi, della dott.ssa Daniela Barnabei e del dott. Filippo Bertoni, Direttore della Struttura Complessa di Radioterapia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, ha delle importanti implicazioni nei trapianti di midollo e cellule staminali per la cura di letali patologie come le leucemie ed i tumori solidi.
“La precisa conoscenza dei meccanismi che permettono l’attecchimento – afferma il prof. Massimo Dominici – potrebbe consentire di manipolare queste nicchie favorendo una migliore performance dei trapianti”. E a questo proposito sono già stati avviati ulteriori studi, che stanno proseguendo in modelli animali al fine di chiarire in maniera definitiva quanto accade nelle prime fasi del trapianto di staminali.
“Indubbiamente – commenta il prof. Paolo Paolucci dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena – questo lavoro apporta elementi di grande rilievo in merito ad un fenomeno fondamentale della trapiantologia di cellule staminali emopoietiche ovvero la migrazione di tali cellule quale primo step della ricostituzione ematopoietica post-trapianto. Tale evento, ipotizzato da tempo e del tutto verosimile, trova oggi una ragione in più per essere sostenuto scientificamente attraverso l’identificazione delle nicchie costituite da cellule attrici (gli osteoblasti) di un fenomeno così importante e fondamentale per il buon esito del trapianto. Contestualmente, si apre una nuova linea di ricerca in merito alla possibilità di , anche farmacologicamente, l’azione delle cellule attrici dell’importante funzione oggi dimostrata”.
Lo studio è stato sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena nell’ambito di un progetto di ricerca internazionale finanziato al prof. Massimo Dominici, dalla Regione Emilia Romagna e dall’Associazione Sostegno Ematologia ed Oncologia Pediatrica (ASEOP).
“La scoperta del prof. Dominici, che apre certamente interessanti prospettive per quanto riguarda la cura dei tumori e più precisamente i trapianti di cellule staminali – commenta la Preside della facoltà di Medicina e Chirurgia prof. ssa Gabriella Aggazzotti –, è la dimostrazione dei concreti passi avanti che si possono compiere attraverso la ricerca traslazionale e, soprattutto, di quanto sia fondamentale ai fini diagnostici e terapeutici nella cura dei malati la collaborazione stretta tra la ricerca e le attività cliniche. La nostra facoltà in questo periodo rivela un’intensa produttività per quanto riguarda lo sviluppo e l’impegno sul fronte della ricerca. Da questo traggono sicuro beneficio gli studenti che possono ricevere una formazione di altissimo livello, pari alle attese della popolazione che chiede per la sanità un servizio sempre aggiornato ed efficiente”

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