Screening salvavita per il controllo dell’aneurisma aortico addominale

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Ha ‘ucciso’ scienziati e statisti del calibro di Albert Einstein e Charles De Gaulle e ogni anno, solo in Italia, la rottura dell’aneurisma aortico addominale miete 6 mila vittime. Colpisce all’improvviso: 8 persone su 10 non ce la fanno neanche ad arrivare in ospedale e i pochi che entrano vivi in sala operatoria hanno il 50% di possibilità di salvarsi. Eppure, sottolineano gli specialisti, molte morti sarebbero evitabili se solo si ‘stanasse’ in tempo questo killer silenzioso. Il rischio di morte, infatti, crolla al 3% se si interviene precocemente con un trattamento chirurgico programmato. Parola dei chirurghi vascolari italiani che hanno deciso di scendere in campo per arginare l’emergenza. Entro i primi mesi del 2010 lanceranno su tutto il territorio nazionale una massiccia campagna di screening rivolta agli italiani tra i 65 e gli 80 anni, i più a rischio. Il progetto è stato annunciato oggi a Milano, in occasione dell’ottavo Congresso nazionale della Sicve (Società italiana di chirurgia vascolare ed endovascolare) che si è aperto oggi nel capoluogo lombardo e proseguirà fino a mercoledì 30 settembre.
La ‘tre giorni’ sarà anche l’occasione per presentare la prima web tv della società scientifica. Obiettivo dello screening in cantiere: scovare, prima che sia troppo tardi, i “portatori ignari di aneurisma aortico addominale, monitorarli e trattarli adeguatamente quando necessario”, spiega il presidente della Sicve, Maurizio Puttini. In collaborazione con i principali centri di chirurgia vascolare, verrà data la possibilità ai cittadini che rientrano nella fascia d’età a rischio di sottoporsi a visite specialistiche gratuite complete di ecografia per valutare il diametro dell’aorta addominale e individuare l’eventuale presenza dell’aneurisma. Il progetto permetterà anche di “fotografare l’impatto della patologia sulla popolazione italiana – chiarisce Puttini – e se, come credo, la situazione del nostro Paese è in linea con quella europea, potremmo trovarci davanti a un’incidenza fra il 4 e l’8% negli uomini over 60 e tra lo 0,5 e l’1% nelle donne della stessa età”. Numeri in crescita con il progressivo invecchiamento della popolazione: in Europa si viaggia già alla media di 220 mila nuovi casi diagnosticati ogni anno, di cui 27 mila in Italia. Lo screening può evitare morti prevedibili. A dimostrarlo l’esperienza del Regno Unito che, con uno studio, ha documentato una riduzione della mortalità del 44% dopo 4 anni. La cura per questi pazienti è il bisturi. Il chirurgo interviene per introdurre una protesi e, per raggiungere l’obiettivo, ha a disposizione due tecniche: quella tradizionale ‘a cielo aperto’, che implica l’apertura dell’addome e tempi di ricovero più lunghi, e quella mininvasiva per via endovascolare, più costosa in quanto richiede protesi hi-tech da 8-10 mila euro. La scelta fra i due interventi dipende dalle caratteristiche del paziente. “Se ha 65 anni, livelli di grassi nel sangue nella norma, non fuma e non è in sovrappeso – precisa Puttini – si può optare per l’intervento tradizionale. Se è molto anziano e ha altre patologie sarà più appropriato l’intervento mininvasivo eseguito con due piccole incisioni ai lati dell’inguine, dal momento che, secondo i dati disponibili, riduce il rischio di morte, permette di evitare la terapia intensiva e prevede un ricovero più breve”. Fondamentale è che “tutti i pazienti, indipendentemente dalla regione in cui vivono, abbiano accesso al trattamento più adeguato e che, quando serve, sia possibile impiantare la protesi hi-tech senza che sulle decisioni dei sanitari pesino ostacoli di carattere economico e organizzativo”, auspica Puttini. Il problema è che il drg (rimborso regionale) per gli interventi sull’aneurisma aortico addominale non riesce a coprire il costo dell’intervento mininvasivo. “Siamo sotto di 4-5 mila euro – segnala lo specialista – e la situazione varia da regione a regione. C’è chi, come la Lombardia, garantisce un rimborso aggiuntivo pari al 25% del costo della protesi hi-tech e chi invece non garantisce più di quanto previsto dal drg”. Per rimuovere le differenze regionali, è l’appello della Sicve, “è necessario che su tutto il territorio nazionale si adotti l’approccio Hta (Health tecnology assessment), strumento che permette la valutazione dell’impatto economico, sociale ed etico delle tecnologie sanitarie”.

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