Tumore prostata: terapia ormonale migliora la sopravvivenza
Secondo un articolo pubblicato su Cancer 2009; (115: 3446-56) l’aggiunta della terapia ormonale alla radioterapia per i tumori prostatici localmente avanzati riduce le recidive della malattia e prolunga la sopravvivenza del paziente, senza alcun incremento della tossicità. All’inizio di questo anno qualcosa di analogo era stato già evidenziato da altri studi. Quindici tratta di una ulteriore conferma.
In particolare il trattamento in prima linea con bicalutamide era stato accertato che migliorava la qualità di vita delle persone con cancro alla prostata, limitando gli effetti collaterali del trattamento precoce con la terapia ormonale a base di LH-RH analoghi e allontanando così lo spettro della “castrazione chimica”.
I risultati erano stati presentati al congresso annuale della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIURO) i risultati dello studio italiano SORSE (Studio Osservazionale Retrospettivo sulla Sequenzialità dell’Endocrinoterapia) che, promosso da AstraZeneca, è stato condotto in 17 centri su 137 pazienti con carcinoma prostatico non metastatico, inizialmente trattati con bicalutamide in monoterapia e successivamente, quando è insorta la progressione di malattia, sottoposti ad un’ulteriore terapia ormonale a base di LH-RHa o Blocco Androgenico Totale.
Secondo lo studio oltre l’85% dei pazienti con tumore alla prostata, sottoposti a un trattamento con bicalutamide in prima linea, è ancora sensibile ad una successiva terapia ormonale e nell’80% circa dei casi si è verificata una riduzione significativa (superiore al 50%) del PSA (antigene specifico prostatico che si rileva con un esame del sangue).
Secondo lo studio pubblicato su Cancer la combinazione di queste terapie riduce il rischio di fallimento biochimico del 24 percento, e migliora la sopravvivenza libera da progressione clinica della malattia del 19 percento, mentre la sopravvivenza tumore-specifica e quella complessiva ne risultano migliorate rispettivamente del 24 e del 14 percento.