Eventi cardiovascolari, colesterolo e trigliceridi: una mappa dettagliata
In Italia l’infarto (150.000 nuovi casi anno) e l’ictus rappresentano ancora la principale causa di morte per le persone in età adulta.
Se fumo, sovrappeso, pressione arteriosa elevata e diabete sono alcuni tra i più noti fattori di rischio cardiovascolare, un ruolo fondamentale nel determinare il rischio di incorrere in un evento cardiovascolare è giocato dall’alterazione dei valori del colesterolo e dei trigliceridi, che può costituire un pericolo per la salute delle coronarie e esporre ad un più elevato rischio di malattia cardiaca coronarica.
Da 30 anni a questa parte la riduzione del colesterolo cattivo (LDL) rappresenta un caposaldo della prevenzione e della terapia delle malattie cardiovascolari e, grazie alla grande efficacia dei farmaci a disposizione, l’attenzione dei medici si è concentrata su questo approccio con risultati importantissimi.
Tuttavia, il “rischio residuo” – vale a dire il rischio cardiovascolare che, indipendentemente da valori corretti di LDL, persiste e si associa a bassi livelli di HDL (colesterolo buono) e alti livelli di trigliceridi – è stato, negli ultimi anni, uno dei principali obiettivi della ricerca in ambito di prevenzione cardiovascolare.
La Consensus Sitecs 2009, svoltasi ieri a Milano, si è posta l’obiettivo di fare il punto della situazione anche sui possibili interventi terapeutici in questa area. Si tratta di un’area di grande rilevanza clinica tenuto conto che un’analisi degli studi clinici pubblicati e finalizzati ad una riduzione del colesterolo LDL agli obiettivi terapeutici, mostra come sia possibile ottenere una riduzione del rischio relativo compresa tra il 25% e il 40%, lasciando quindi esposto a eventi cardiovascolari fatali o non fatali oltre il 50% dei pazienti.
“Obiettivo del documento di Consensus 2009 – ha affermato Alberico Catapano, Presidente di SITeCS e Ordinario di Farmacologia all’Università di Milano – è proprio fare il punto sulla situazione attuale e sulle prospettive future circa la capacità della classe medica di controllare questi fattori lipidici di rischio aggiuntivi.”
“La crescente disponibilità di evidenze scientifiche – ha sottolineato Claudio Borghi, Ordinario di Medicina Interna al S. Orsola Malpighi di Bologna – sia sul ruolo patologico di ridotti livelli di HDL, sia sulla capacità di alti livelli di trigliceridi di contribuire ai processi infiammatori, ha messo in luce che la complessità del profilo lipidico è alla base del rischio cardiovascolare nei pazienti nei quali il rischio di complicanze dipende proprio dall’azione integrata dei diversi lipidi presenti – alcuni in eccesso, altri in difetto – nel sangue. Questo significa che solo attraverso un approccio integrato, che miri a correggere valori alterati di colesterolo cattivo, colesterolo buono e trigliceridi può garantire un ulteriore margine di riduzione del rischio cardiovascolare”.
“In Italia – ha confermato Aldo Pietro Maggioni del Centro Studi ANMCO, l’Associazione Nazionale dei Medici Cardiologi Ospedalieri – la percentuale maggiore di decessi – circa il 50% di coloro che muoiono per infarto – avviene prima di raggiungere l’ospedale. E’ evidente che anche in presenza di un sistema di gestione rapida ottimale, la possibilità di incidere sul gran numero di morti improvvise che avvengono prima del ricovero, risiede proprio nella prevenzione su larga scala. In questo quadro si inserisce – insieme alla lotta contro il fumo, il diabete, l’obesità, l’ipertensione e la riduzione del colesterolo LDL – il nuovo approccio alla gestione globale del profilo lipidico, che potrebbe veramente incidere sulla storia naturale delle malattie atero-trombotiche e che rappresenta il principale obiettivo della ricerca in ambito di prevenzione cardiovascolare di questi ultimi anni ”.
“Corretta alimentazione, regolare attività fisica e i farmaci ipocolesterolemizzanti – ha evidenziato Alberico Catapano – hanno ampiamente dimostrato di essere efficaci nel ridurre in modo sensibile la probabilità di incorrere in eventi cardiovascolari. E’ necessario a questo punto, per migliorare la prevenzione delle malattie cardiovascolari e combattere il rischio cardiovascolare residuo, individuare nuovi approcci in grado, oltre che di ridurre i livelli di LDL, anche di ridurre i trigliceridi e incrementare i livelli di colesterolo buono”.
“Mentre le statine – ha concluso Claudio Borghi – hanno dimostrato di essere efficaci soprattutto sui livelli di LDL e solo secondariamente sui livelli di colesterolo buono e trigliceridi, si stanno affacciando trattamenti indirizzati prevalentemente al colesterolo HDL, come la niacina e le sue nuove formulazioni, la cui efficacia potrebbe risultare di grande utilità per raggiungere la scopo della modulazione globale del profilo lipidico”.