Magnetoterapia pulsata per ridurre dolori e infiammazioni da frattura. Efficacia convalidata
MILANO – I calciatori sono fra i più grandi «estimatori» della magnetoterapia pulsata, una terapia fisica usata da anni in caso di fratture: traumi a ossa, articolazioni e legamenti sono all’ordine del giorno per chi gioca a pallone, così spesso campioni e amatori scelgono trattamenti che sfruttano i campi elettromagnetici intermittenti per ridurre dolore e infiammazione. L’Italia è all’avanguardia nel settore e ha sfornato di recente due studi sulle nuove applicazioni della magnetoterapia, sperimentata per la prima volta dopo interventi artroscopici al ginocchio per migliorare il recupero dell’articolazione.
GLI STUDI – Le ricerche, condotte dal gruppo di studio italiano Cartilage Repair and Electrical Stimulation – guidato da Francesco Benazzo, consulente ortopedico dell’Inter -, indicano che il trattamento riduce dolore e infiammazione, preserva la cartilagine e garantisce un ritorno più veloce alla piena funzionalità. Il primo studio raccoglie i dati di 34 pazienti con lesioni alla cartilagine del ginocchio, sottoposti a un’abrasione del tessuto in artroscopia: 90 giorni di magnetoterapia hanno diminuito drasticamente l’uso di antinfiammatori e accelerato il recupero. Stessi risultati dal secondo studio, su 60 persone a cui è stato ricostruito per via artroscopica il legamento crociato anteriore.
Secondo gli autori la magnetoterapia, applicabile anche ad altre articolazioni (spalla, gomito), può addirittura dimezzare i tempi di ripresa. Massimo Manara, medico sportivo del Milan che usa da tempo la magnetoterapia pulsata su campioni e gente comune, commenta: «La terapia toglie il dolore e i pazienti riescono a fare riabilitazione meglio, esercitandosi di più: per questo i tempi di recupero possono accorciarsi. Gli strumenti sono portatili e lasciano libertà di movimento: un vantaggio perché a seconda dei casi l’apparecchio va indossato per 4, 6 o perfino 8 ore; inoltre, occorrono almeno 30, 40 giorni per avere un risultato. In compenso la cura non ha effetti collaterali». Anche per questo è controindicata in pochi casi, ad esempio in chi porta un pacemaker (i campi magnetici potrebbero mandarlo in tilt) o sulle donne in gravidanza, dove le cautele non sono mai troppe.
ARTROSI –Secondo i fautori la cura magnetica sarebbe adatta pure in caso di artrosi, cioè se c’è una degenerazione cronica della cartilagine. Marco D’Imporzano, presidente della Società italiana di ortopedia e traumatologia, osserva: «La terapia può avere un’azione antinfiammatoria e stimolare la crescita della cartilagine, ma non la ricostruisce: può accelerare la guarigione in lesioni iniziali, dopo trapianti di cartilagine o in caso di ricostruzione di tendini o legamenti. Inoltre gli studi sono incoraggianti, ma sono ancora pochi». Sulla stessa linea Piero Volpi, responsabile del Centro di traumatologia dello sport e di chirurgia artroscopica dell’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano: «La magnetoterapia può essere utile anche in chi non ha subito un intervento alle articolazioni. Ma che rallenti i processi degenerativi della cartilagine è da dimostrare: occorrono prove, peraltro non semplici da ottenere. I modelli sperimentali, che hanno dato risultati confortanti, non sono identici a ciò che accade nell’uomo, per cui sono necessari approfondimenti clinici». Detto, fatto: su BMC Musculoskeletal Disorders, un gruppo di olandesi ha annunciato l’avvio di una sperimentazione su 68 pazienti per verificare gli effetti della magnetoterapia sulla cartilagine del tallone.
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