Studio sulle dinamiche delle pandemie influenzali
Un’equipe internazionale di scienziati ha messo a punto un nuovo modello utile per predire le pandemie influenzali e l’efficacia dei vaccini. Lo studio, in parte finanziato dall’Unione europea e pubblicato sulla rivista Science, mette in relazione l’evoluzione del virus e i livelli di immunizzazione necessari per prevenire la diffusione su larga scala della malattia nella popolazione.
I risultati potrebbero infine consentire di meglio comprendere le dinamiche alla base di numerose malattie infettive.
Una parte del finanziamento destinato a questa ricerca, che ha riunito ricercatori olandesi, britannici e statunitensi, deriva dal progetto EMPERIE (“European management platform for emerging and re-emerging infectious disease entities”), a sua volta finanziato in riferimento alla tematica “Salute” del Settimo programma quadro (7° PQ).
I virus dell’influenza hanno una maggiore probabilità di “ingannare” il sistema immunitario dei propri ospiti poiché presentano aminoacidi diversi in corrispondenza dei principali punti molecolari. La probabilità di contrarre il virus e di esserne a lungo portatori è direttamente proporzionale alla quantità di differenze tra il ceppo influenzale per il quale si è stati vaccinati e il nuovo ceppo.
I ricercatori hanno lavorato sulla base dell’influenza equina: “È dagli anni sessanta che si utilizzano vaccini contro l’influenza equina, in modo particolare per i cavalli da corsa”, si afferma nello studio. “Per più di quarant’anni tutte le infezioni associate all’influenza equina sono state causate da ceppi del sottotipo H3N8, che ha un decorso simile a quello dell’influenza stagionale A che colpisce gli esseri umani”.
Questo studio ha rilevato che quando due o più aminoacidi vengono sostituiti, prende il via l’epidemia. La probabilità di contrarre l’infezione e, di conseguenza, dello sviluppo di pandemie di dimensioni significative aumentano se il sistema immunitario dell’ospite percepisce il nuovo virus e il virus contro il quale è stato vaccinato come appartenenti a due ceppi completamente diversi. Sulla base del fatto che nella popolazione vi sono soggetti vaccinati contro diverse tipologie di influenza (a seconda di quando è avvenuta la vaccinazione) e soggetti non immunizzati contro questi virus, gli scienziati hanno determinato che il grado di variabilità dell’immunità ai virus nella popolazione è un fattore chiave per quanto concerne il rischio di epidemia.
Infine, gli scienziati auspicano che i risultati ottenuti possano aiutare i responsabili della sanità pubblica a valutare l’efficacia dei vaccini sulla base del legame di quest’ultimo con il ceppo preponderante in e il livello si immunizzazione nella popolazione. “La ricerca concerne l’uso dei vaccini per il controllo dell’influenza a carattere pandemico”, continua lo studio. “I vaccini prepandemici hanno il vantaggio di poter essere utilizzati a scopo profilattico e di poter essere distribuiti in tempi rapidi ai soggetti a rischio in caso di crisi, ma è improbabile che rispondano perfettamente ai ceppi in circolazione. Il nostro lavoro dimostra che anche questi vaccini possono avere dei benefici per la popolazione; l’aumento della percentuale di persone vaccinate può compensare la mancata identità tra i ceppi.
“L’obiettivo è associare i risultati delle dinamiche epidemiche. È un obiettivo realistico poiché continuano ad essere raccolti i dati sequenziali dell’influenza”, conclude lo studio. “Le idee presentate [in questo studio] potrebbero essere applicate a numerose classi di infezioni, comprese le classi emergenti, riemergenti e le malattie infettive esistenti”.
Per ulteriori informazioni, visitare:
Science
http://www.sciencemag.org/
Progetto EMPERIE
http://cordis.europa.eu/fetch?CALLER=FP7_PROJ_EN&ACTION=D&RCN=91241
University of Georgia
http://www.uga.edu/
Maggiori informazioni relative alla ricerca sulla salute finanziata dall’UE:
http://ec.europa.eu/research/health/index_en.html