Artrite reumatoide: importante e predittivo il grado di stanchezza che va misurato

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Artrite reumatoide: una mappa delle articolazioni

Artrite reumatoide: una mappa delle articolazioni

Il grado di affaticamento indica anche l’andamento della patologia. E’ importante quindi tener sempre sotto controllo questo parametro, facendo riferimento allo stadio iniziale. Recenti studi ne convalidano l’effettiva validità.

MILANO – La stanchezza patologica nei malati di artrite reumatoide si può misurare e va in parallelo con l’andamento della malattia: per questo dovrebbe rientrare tra gli esiti da considerare quando si valuta l’efficacia di una cura o la velocità con cui il male progredisce o rallenta. Lo ha dimostrato un gruppo di ricercatori coordinati da Patricia Minnock, dell’Our Lady’s Hospice di Dublino, in uno studio pubblicato su Rheumatology.

LO STUDIO – «Quella che in inglese chiamiamo “fatigue”» spiega la reumatologa, che ha condotto il lavoro insieme con colleghi dell’Università di Bristol, «è un sintomo molto importante dell’artrite reumatoide, che va al di là della normale stanchezza. È un affaticamento patologico, che prescinde dagli sforzi che si sono fatti e rimane comunque, anche a riposo». Non è un disturbo esclusivo di questa malattia reumatica: è anzi tipica dei malati di cancro ma si ritrova anche nell’artrite psoriasica , in altre malattie autoimmuni e perfino nell’artrosi. Difficile, come per il dolore, è quantificarla. «Per questo abbiamo utilizzato metodi di misurazioni analoghi a quelli utilizzati proprio per misurare il dolore» prosegue la reumatologa irlandese, «chiedendo a una cinquantina di malati di indicare su una scala numerica da 0 a 10 il grado di stanchezza che avvertivano prima dell’inizio delle cure e tre mesi dopo aver iniziato a prendere un forte farmaco biologico».

I RISULTATI – La valutazione si è rivelata attendibile e sensibile ai cambiamenti indotti dal medicinale. Il punteggio medio nell’autovalutazione della propria sensazione di fatica, misurato sulla scala numerica, era all’inizio di 6,7; dopo il trattamento è sceso a 4,3, rispecchiando con fedeltà l’andamento della malattia. «Solo l’entità del dolore e il numero di articolazioni dolenti sono risultati parametri più sensibili della stanchezza» spiega la ricercatrice, «che però ha battuto altri criteri di valutazione considerati molto attendibili, come il numero di articolazioni gonfie, i livelli della proteina C reattiva nel sangue (PCR), importante marcatore dell’infiammazione in atto o i questionari che attestano la qualità della vita».

LE CONCLUSIONI – Sulla base delle analisi statistiche effettuate dagli esperti d’oltre manica, nei malati con l’artrite reumatoide la stanchezza andrebbe quindi sempre misurata come si fa con i danni alle articolazioni o con gli esami del sangue: «In tal modo si potrebbe seguire facilmente l’andamento della malattia, capendo se e quanto sta peggiorando o migliorando, a costo zero, senza dover effettuare indagini particolari» conclude Minnock, secondo cui la capacità di ridurre la spossatezza dovrebbe entrare a tutto diritto anche tra gli obiettivi da misurare nel corso degli studi clinici effettuati per valutare l’efficacia di un farmaco o di una terapia.

Corriere.it

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