L’infezione, una compagna di viaggio per il 30% dei pazienti in chemioterapia
Lo rivela un’indagine paneuropea dal titolo Preventing Febrile Neutropenia – Staying on Track with Chemotherapy presentata in anteprima a Bruxelles. Principale responsabile la neutropenia, una diminuzione di un tipo di globuli bianchi, che può essere anche accompagnata da febbre
Bruxelles, 1 dicembre 2009 — Il rischio di infezioni neutropeniche costituisce una minaccia in più per i pazienti affetti da cancro e sottoposti a chemioterapia in un momento in cui le energie fisiche e psichiche del paziente dovrebbero essere dirette alla lotta contro la malattia primaria. Secondo i risultati di un’ indagine paneuropea che ha coinvolto pazienti ed infermieri, quasi un terzo dei pazienti (30%) ha riportato un’infezione nel corso della chemioterapia, il 46% delle quali associate a neutropenia o neutropenia febbrile.
Dall’indagine Preventing Febrile Neutropenia – Staying on Track with Chemotherapy, presentata oggi a Bruxelles è emerso che il 37% dei pazienti con un’infezione deve ritardare o modificare la chemioterapia. Per nove infermieri su dieci (92%) intervistati la prevenzione della neutropenia febbrile e delle infezioni è molto importante per gestire al meglio la chemioterapia dei pazienti.
Alla domanda relativa a quali fattori possono influire sulla chemioterapia, quasi tutti gli infermieri (96%) hanno risposto che l’infezione neutropenica può provocare un ritardo nel trattamento, con interruzioni della chemioterapia e conseguenti ripercussioni sull’efficacia generale della stessa (63%). Sei infermieri su dieci ritengono che le probabilità di riuscita di un trattamento oncologico possono risultare inferiori se la chemioterapia deve essere modificata a causa di una neutropenia febbrile o di un’infezione neutropenica, e più della metà degli infermieri concorda sul fatto che riducendo la dose si può compromettere l’esito del trattamento, anche se la dose viene corretta o aumentata in seguito (56%).
L’indagine è stata condotta dall’EONS (European Oncology Nursing Society) in nove paesi europei per conoscere gli orientamenti e le problematiche relative a terapia oncologica e infezioni, nello specifico neutropenia/neutropenia febbrile (NF).
“I pazienti oncologici spesso vengono sottoposti a una chemioterapia intensa e frequente, e questo li rende vulnerabili a una neutropenia grave o febbrile e alle sue conseguenze, tra le quali l’infezione. I risultati dell’indagine indicano che il rischio di neutropenia e le conseguenze che può avere sulle cure cliniche e sulla qualità di vita dei pazienti devono essere considerati ancora più seriamente”, ha dichiarato Kay Leonard, membro del comitato direttivo dell’EONS (European Oncology Nursing Society). “Nonostante l’ampia disponibilità di trattamenti profilattici, un numero significativo di pazienti continua a soffrire di neutropenia e delle sue conseguenze” ha aggiunto.
Per neutropenia si intende un livello eccessivamente basso di neutrofili (globuli bianchi deputati a combattere le infezioni) nell’organismo e rappresenta un effetto collaterale, comune e potenzialmente pericoloso di alcune chemioterapie, che espone i pazienti oncologici a un maggiore rischio di infezioni, talvolta fatali. Per i casi ad alto rischio di neutropenia grave e neutropenia febbrile è necessario il ricovero ospedaliero (mentre un normale trattamento chemioterapico è programmato e avviene in day hospital): circa un paziente su 10 ricoverato per neutropenia febbrile muore a causa di questa patologia. Un effetto secondario della neutropenia febbrile può essere un ritardo nella somministrazione della chemioterapia prevista, che impedisce ai pazienti di sottoporsi alla dose completa al momento giusto con una potenziale compromissione dell’esito del trattamento.
Sono stati compiuti progressi significativi nello sviluppo di terapie “proattive” che aiutano a gestire gli effetti collaterali della chemioterapia. Le linee guida messe a punto dall’Organizzazione Europea per la Ricerca e il Trattamento del Cancro (EORTC) indicano che sono disponibili G-CSF (fattori stimolanti le colonie dei granulociti) umani ricombinanti per il trattamento o la prevenzione della neutropenia e la conseguente riduzione delle complicanze correlate. Le risposte del 39% degli infermieri coinvolti nell’indagine confermano infatti che i G-CSF vengono utilizzati a scopo di profilassi per prevenire la neutropenia febbrile in pazienti sottoposti a chemioterapia. Un ulteriore 22% degli infermieri indica che i G-CSF vengono utilizzati insieme agli antibiotici.
Tuttavia, gli infermieri esprimono preoccupazioni in merito all’aderenza dei pazienti al trattamento (il 58% si dichiara abbastanza, molto o estremamente preoccupato), mentre i pazienti segnalano che l’accesso e la somministrazione dei trattamenti per la prevenzione delle infezioni variano molto da stato a stato in Europa.
“Data la natura delle infezioni neutropeniche, è fondamentale che i pazienti siano adeguatamente informati del rischio di neutropenia e di contrarre infezioni come conseguenza della chemioterapia. Se viene prescritta una profilassi con G-CSF giornaliero, è essenziale garantire l’aderenza al trattamento per ottenere il migliore risultato possibile dalla chemioterapia primaria. Pertanto, un G-CSF che possa essere somministrato una volta per ciclo chemioterapico sarebbe in grado di offrire vantaggi in termini di compliance, ha dichiarato il Dr. Matti S. Aapro, Direttore del Multidisciplinary Oncology Institute di Genolier, Svizzera.
Un numero significativo di pazienti coinvolti nell’indagine non sembrava a conoscenza del rischio di sviluppare neutropenia febbrile. Per contro, quasi due terzi (il 64%) degli infermieri ha dichiarato di trattare l’argomento con i pazienti. Questi risultati indicano dunque la necessità di migliorare la comunicazione tra pazienti e operatori sanitari.
L’indagine Preventing Febrile Neutropenia – Staying on Track with Chemotherapy è stata condotta da PatientView in collaborazione con l’EONS (European Oncology Nursing Society), ed è realizzata grazie ad un educational grant di Amgen.
Il sondaggio
L’indagine è stata condotta dall’EONS (European Oncology Nursing Society) in associazione con PatientView, coinvolgendo 300 pazienti e 157 infermieri in nove paesi europei (Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Regno Unito e Irlanda) nell’obiettivo di conoscere le attuali opinioni e problematiche relative a terapia oncologica e infezioni, nello specifico neutropenia/neutropenia febbrile. I risultati attuali sono “ad interim” e a circa metà del periodo previsto per l’indagine, sebbene si preveda che le tendenze generali rimangano le stesse. L’obiettivo è di coinvolgere un totale di 500 pazienti.
L’EONS (European Oncology Nursing Society)
L’EONS (European Oncology Nursing Society) fornisce supporto professionale agli infermieri oncologici dal 1984. Registrata come organizzazione non profit indipendente, l’EONS rappresenta oltre 22.000 infermieri oncologici di 29 paesi europei. Con sede centrale a Bruxelles, l’EONS promuove la salute in Europa attraverso lo sviluppo di attività per la formazione e il supporto degli infermieri oncologici, consentendo loro di fornire le migliori cure possibili al paziente.
Per maggiori informazioni www.cancernurse.eu
PatientView
PatientView è una società di ricerca ed editoriale indipendente che collabora a stretto contatto con le associazioni dei pazienti. PatientView ha condotto centinaia di sondaggi tra pazienti e associazioni di pazienti nel corso degli anni che hanno contribuito ad orientare le politiche dei governi, hanno promosso la consultazione pubblica, hanno sostenuto accademici e ricercatori e sensibilizzato su specifiche patologie.
Amgen
Amgen (in Italia Amgen Dompé) rappresenta la prima società al mondo nel campo delle biotecnologie per fatturato, numero di dipendenti, investimenti in Ricerca & Sviluppo (R&S). Nata nel 1980, Amgen si afferma grazie alla clonazione del gene dell’eritropoietina umana e grazie alla messa a punto di processi su scala industriale per la produzione di farmaci biotecnologici in ambiti quali l’oncologia e le malattie renali. L’attività di R&S di nuovi farmaci, focalizzata sulle terapie innovative per patologie gravi per le quali non esistono cure, costituisce il principale fattore di crescita dell’azienda, che conta circa 17.000 dipendenti ed è presente con filiali e società controllate in 20 Paesi.