L’opera somma in volumi: Genomic Encyclopedia of Bacteria and Archaea – GEBA –
Si stima che siano circa un quintilione- trenta zeri dopo un uno – i microbi procarioti (organismi unicellulari privi di membrana attorno al Dna), in circolazione nel mondo e nessuno – da Plinio il Vecchio in poi – ha pensato mai di classificarli tutti in una encliclopedia. Fino a oggi. Il Joint Genome Institute (Jgi) del Dipartimento di Energia di Walnut Creek, in California, e la non profit tedesca Sammlung von Mikroorganismen und Zellkulturen (Dsmz) hanno infatti annunciato sulle pagine di Nature la pubblicazione del primo volume dell’Enciclopedia Genomica dei Batteri e degli Archea (Geba). L’ambiziosa impresa, che aspira a catalogare le cellule provenienti da tutti i grandi rami dell’albero genealogico dei microrganismi, ha decodificato e classificato finora i genomi di 56 specie coltivabili di microbi. L’opera, nelle intenzioni degli autori, vuole offrire una rappresentazione equilibrata dell’albero della vita microbica e, allo stesso tempo, aiutare l’identificazione di nuovi geni riconoscendone anche le funzioni.
Le centinaia di milioni di specie presenti sulla Terra sono suddivise in due gruppi principali: i Bacteria, i più noti, e gli Archaea, cui appartengono gli organismi cosiddetti estremofili. Finora ne sono stati decodificati geneticamente solo un migliaio, soprattutto tra i batteri patogeni: «È come avere una carta del mondo in cui compaiono solo tre città», ha commentato Jonathan Eisen, autore senior della ricerca e microbiologo della University of California Davis Genome Center, il quale sottolinea l’importanza di scegliere i genomi da sequenziare in base alla loro vicinanza filogenetica. Nonostante le proporzioni dell’opera e altre difficoltà come la capacità di questi organismi di trasmettere materiale genetico ad altri non discendenti, o cambiare posizione sulla linea evolutiva, i ricercatori non si scoraggiano: “Il trasferimento orizzontale dei geni tra specie diverse non mescola le ‘innovazioni evolutive’ in modo consistente – ha spiegato il biologo – e se c’è una novità in una specie, la si ritrova soprattutto nei discendenti. L’importante per noi è capire quando compare un nuovo gene e come si diffonde”.
Il progetto Geba, patrocinato dal Dipartimento d’Energia statunitense (Doa), ha potenziali applicazioni industriali soprattutto nella produzione di biocarburanti, e ha già portato a nuove scoperte, come quella della presenza dell’actina nei procarioti, una proteina che si credeva fosse solo nelle cellule eucariote. I ricercatori sono decisi ad andare ben oltre l’attuale fase pilota: “Questo è solo l’inizio, abbiamo appena graffiato la superficie della classificazione della diversità sul pianeta”, ha concluso Eisen. (a.o)
Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature08645
Contact: David Gilbert
degilbert@lbl.gov
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DOE/Joint Genome Institute