Malattia di Huntington: individuate due mutazioni considerate interruttori molecolari
L’individuazione di queste mutazioni, arriva come un auspicabile inizio concreto per un approccio terapeutico efficiente, visto che fin’ora non ci sono nè farmaci nè altre terapie che possono prevenire, rallentare o interrompere l’insorgenza della malattia di Huntington.
Un interruttore molecolare che nel topo previene lo sviluppo del corrispondente murino della malattia di Huntington è stato identificato da un gruppo di ricercatori dell’Università della California a Los Angeles e dell’Università della California a Irvine, che ne riferisce la scoperta in due articoli pubblicati sulla rivista “Neuron” e sul “Journal of Cell Biology”. Attualmente non esistono trattamenti efficaci per prevenire l’insorgenza o rallentare la progressione di questa malattia.
La malattia di Huntington è provocata da una mutazione nella regione di una proteina molto grande, la huntingtina, ampiamente diffusa in tutto il corpo, una circostanza che rende difficile studiare i meccanismi d’azione della proteina mutante. “Non è chiaro come la proteina mutante causi la perdita, progressiva e legata all’età, di cellule cerebrali nei pazienti colpiti dalla malattia di Huntington” ha osservato X. William Yang, che ha diretto la ricerca. “Noi abbiamo esplorato se regioni della proteina a fianco della mutazione polyQ avessero un ruolo nello sviluppo della patologia.”
I ricercatori hanno in particolare mostrato che due amminoacidi vicini a una estremità della proteina huntingtina possono venire modificati da un processo chimico di fosforilazione, che le cellule usano per controlla funzione della proteina dopo che essa è stata prodotta. Per verificare se questa fosforilazione influenzasse realmente la malattia di Huntington, i ricercatori hanno sviluppato due modelli murini portatori della mutazione polyQ, modificando i due amminoacidi in due modi differenti, uno tale da mimare la fosforilazione e uno che la impedisce. I ricercatori hanno così scoperto che impedendo la fosforilazione si induceva nei topi lo sviluppo di sintomi che somigliavano a quelli della malattia di Huntington nell’uomo, mentre con la modificazione che mimava la fosforilazione non si sviluppavano i disturbi tipici della malattia. I risultati nei topi hanno trovato una parallela conferma negli esperimenti di laboratorio in cui Ron Wetzel dell’Università Pittsburgh, che ha partecipato allo studio, ha trovato che simulando la fosforilazione di un frammento tossico della huntingtina mutante questa vedeva ridotta la propria tendenza a formare i caratteristici aggregati patologici. “Il nostro studio ha identificato un interruttore molecolare critico che si trova vicino alla mutazione polyQ nella huntingtina”, ha detto Yang. “Siamo stati sorpresi di trovare che una sottile modificazione di soli due amminoacidi in una proteina molto grande possa impedire lo sviluppo della malattia. Ciò suggerisce una nuova esaltante strada per lo sviluppo di mezzi terapeutici per la malattia di Huntington.”