[Corriere.it] Vaccino anti-HPV: tutto quello che bisogna sapere

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il virus HPV che attacca cellule epiteliali

Educazione sessuale e alla salute con una semplice iniezione. Sarebbe questo il duplice effetto del vaccino contro il Papillomavirus (Hpv), secondo uno studio dell’università di Manchester pubblicato sul British Journal of Cancer. Otto ragazzine inglesi su 10 hanno infatti confessato che la puntura anti-Hpv funge anche da stimolo per riflessioni sui rischi connessi ai rapporti sessuali. DUBBI DI RAGAZZE E GENITORI – Fa male? E quali sono gli effetti collaterali del vaccino? Serve davvero? Sono questi i dubbi più diffusi fra gli interessati. L’Italia è stato il primo Paese in Europa a offrire alle giovanissime l’immunizzazione contro il Papillomavirus per la prevenzione del tumore del collo dell’utero e tutte le Regioni e le Province autonome hanno iniziato la campagna anti-Hpv entro la fine del 2008. Il vaccino è stato somministrato gratuitamente a tutte le 12enni, ma dalle ragazze e da molte famiglie è emersa più volte la necessità di avere più informazioni, per poter fare una scelta consapevole superando ogni incertezza. Ecco, in sostanza, ciò che serve sapere. Primo, il virus Hpv è il principale responsabile del tumore al collo dell’utero. Vaccinarsi, quindi, significa non ammalarsi di questa neoplasia, che colpisce ogni anno nel nostro Paese 3.500 donne e causa mille decessi. Secondo, tutte le vaccinazioni hanno delle controindicazioni: finora si sono verificate solo minime reazioni avverse, come previsto dal foglietto illustrativo allegato ai medicinali (gonfiore o rossore sul punto dell’iniezione, lieve malessere nelle ore successive all’inoculazione, qualche linea di febbre, rari i casi di allergia e svenimento), ma i benefici sono senza dubbio superiori ai rischi.

INFORMAZIONI FONDAMENTALI – «La trasparenza nella comunicazione è un passo fondamentale per le dirette interessate e verso i genitori», commenta Sandra Mazzoli, responsabile del Centro di malattie sessualmente trasmissibili (Mts) dell’Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze. Perché è evidente che si tratta di parlare di malattie e di sesso, di tumori e di contagio, rivolgendosi a ragazzine e a genitori che vivono il burrascoso periodo dell’adolescenza. «L’imbarazzo incombe – continua Mazzoli -, perché affrontiamo argomenti che sono ancora tabù e, in più, il vaccino impone un dialogo sulle patologie che si trasmettono con i rapporti sessuali. Ma se non chiariamo loro le idee rischiamo di complicare parecchio le cose». Così, ben il 14 per cento delle 500 intervistate inglesi ha dichiarato (sbagliando) di temere di avere maggiori rischi d’infezione sessuale a causa del vaccino. Fortunatamente, però, ben il 79 per cento delle ragazze ha confessato che l’iniezione anti-Hpv è servita a renderle più consapevoli del rischio del contagio sessuale.

DODICENNI: NON SONO BAMBINE – Dal sondaggio britannico emerge anche la consapevolezza delle ragazze, «che non vanno assolutamente trattate da bambine – precisa l’esperta – perché sono molto più sveglie delle generazioni precedenti e perché, statistiche alla mano, l’età del primo rapporto sessuale diminuisce ovunque, anche in Italia». A dimostrarlo sono le appartenenti a quel 42 per cento che ha voluto sottoporsi al vaccino, perché riteneva importante proteggersi dal cancro, nonostante il rifiuto da parte dei genitori. Ma il sostegno, la presenza, il dialogo con i genitori resta cruciale, come confermano le risposte più «serene» di chi (77 per cento) si è sottoposto all’iniezione di comune accordo con la famiglia. Infine, solo il 10 per cento delle dodicenni partecipanti sono state immunizzate contro la loro volontà.

E I MASCHI? – «Il Papillomavirus è responsabile sia di tumori al collo dell’utero che di neoplasie rare e infezioni all’apparato genito-urinario maschile» ricorda Sandra Mazzoli, che sostiene la necessità di estendere il vaccino anti-Papillomavirus umano (Hpv) anche ai giovani maschi, prima che incomincino l’attività sessuale. Da un lato, per limitare la diffusione di infezioni da Hpv negli uomini, per ridurre le possibilità di contagio durante i rapporti sessuali e, quindi, ridurre il rischio di tumori della cervice uterina nelle donne non vaccinate. Dall’altro, per prevenire possibili implicazioni del Papillomavirus nell’apparato genito-urinario maschile, che potrebbe indurre lo sviluppo di tumori rari come quelli del pene e dell’ano.

Vera Martinella


Corriere.it

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