Procreazione assistita: autorizzato il test preimpianto per la prima volta

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Tenteranno con la fecondazione assistita di avere un figlio sano: sono una coppia fertile ma portatrice di una malattia che ha già fatto morire una figlia di appena 7 mesi e che li ha costretti a tre aborti. La legge 40 impedisce alle coppie fertili di accedere a queste tecniche ma un giudice di Salerno ha ammesso questa possibilità, per la prima volta, aprendo una nuova breccia nella tanto discussa legge che la scorsa primavera aveva incassato la bocciatura parziale da parte della Corte Costituzionale. E la coppia potrà anche chiedere la diagnosi preimpianto, proprio per evitare che il nascituro si ammali di quella patologia incompatile con la vita.
Il giudice Antonio Scarpa, del Tribunale di Salerno, ha autorizzato, per la prima volta in Italia, la diagnosi genetica preimpianto ad una coppia fertile portatrice di una grave malattia ereditaria, l’Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1(SMA1). Questa malattia causa la paralisi e atrofia di tutta la muscolatura scheletrica e costituisce oggi la più comune causa genetica di morte dei bambini nel primo anno di vita, con una morte per asfissia.

La coppia non aveva potuto consentire l’accesso alle pratiche di procreazione medicalmente assistita perché la legge 40 del 2004 lo consente solo per casi di sterilità e di infertilità. A seguire la coppia è stata l’avvocato Filomena Gallo, docente di «Etica e legislazione nelle biotecnologie in campo umano» alla Facoltà di veterinaria dell’ Università di Teramo. Il Tribunale di Salerno, in sostanza, per la prima volta in assoluto, ha consentito di ricorrere alla procreazione assistita preceduta da diagnosi genetica preimpianto alla coppia fertile e che ha già avuto altre gravidanze naturali, ordinando il trasferimento in utero dei soli embrioni sani.
Dietro alla guerra in carta bollata c’è la storia di una coppia lombarda: «sono stati quattro i lutti che abbiamo vissuto prima di decidere di ricorrere al giudice» racconta la donna di 40anni con un marito quasi coetaneo e fertile come lei. Nel 2003 videro morire una figlia di appena 7 mesi. «Siamo riusciti ad avere un bambino sano nel 2005 ma siamo stati costretti – ha spiegato lei senza nascondere la grande emozione – a tre aborti perché questa malattia è assolutamente incompatibile con la vita». Insomma, spiega, «ho avuto 5 gravidanze, un figlio solo e 4 lutti». Un bilancio che però non ha soffocato la speranza di avere una famiglia più grande.

Sottosegretario Roccella: sentenza gravissima. «L’autorizzazione del Tribunale di Salerno è una sentenza gravissima. Così si introduce il principio che la disabilità è un criterio di discriminazione rispetto al diritto di nascere»: è sottosegretario Eugenia Roccella ad affermarlo spiegando che si tratta di «eugenetica pura». Nel testo, spiega, si parla di «diritto alla salute dei soggetti coinvolti», ma, se si ritiene che ci sia un conflitto fra il diritto alla salute costituzionalmente garantito e la legge 40, la questione andrebbe sottoposta alla Corte Costituzionale e non può essere decisa da un Tribunale qualunque. Inoltre, del diritto alla salute di chi stiamo parlando? Non di quello della madre, e di certo non di quello dei dieci o 20 embrioni che verranno eliminati a favore di quello selezionato. Con questo metodo i magistrati possono scavalcare o modificare nei fatti qualunque norma. L’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, riservato alle coppie infertili, è infatti il cuore della legge 40: la legge serve a dare alle coppie infertili le stesse opportunità di chi può procreare naturalmente e non serve a selezionare il figlio. Questa è eugenetica pura. Se la si vuole introdurre nel nostro Paese bisogna farlo in modo esplicito, sottoponendo la questione al Parlamento e quindi alla volontà popolare. Ricordiamo fra l’altro che sulla legge 40, e in particolare sui punti della diagnosi preimpianto e della possibilità di accesso alle coppie infertili, l’elettorato si è già espresso bocciando clamorosamente ogni tentativo di modifica

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