Prostata: i postumi dei trattamenti sono temporanei e reversibili
…o con molta facilità affacciarsi nel primo anno per stabilizzarsi durante il secondo anno post-terapia. Questa è l’incidenza sulla vita sessuale
Eliminare il tumore e garantire ai malati che sempre più spesso guariscono una buona qualità di vita: è l’obiettivo a cui puntano ormai molte ricerche in ambito oncologico per rispondere alle necessità di un esercito di «lungo-sopravviventi» che solo in Italia conta oggi non meno di 1,5 milioni di persone.
È in questo contesto che s’inquadra la conferma proveniente da un interessante studio pubblicato sull’ultimo numero della rivista ufficiale della Società americana di radioterapia oncologica (Astro). Ricercatori Usa hanno infatti dimostrato che, nei pazienti con un tumore alla prostata, gli effetti collaterali indesiderati della radioterapia sulla potenza sessuale hanno durata limitata nel tempo. L’impotenza, in pratica, potrebbe manifestarsi gradualmente solo entro i primi due anni dalla fine delle cure, trascorsi i quali i malati possono considerarsi «liberi dal pericolo».
LO STUDIO – Scienziati delle università di Philadelphia e della California hanno distribuito questionari a 143 uomini curati con radioterapia a fasci esterni per un carcinoma prostatico per verificarne l’attività sessuale, la funzione erettile, la capacità d’eiaculazione e la generale soddisfazione nell’intimità. Li hanno seguiti per circa otto anni, provando che la funzione sessuale si stabilizza entro i primi 24 mesi dal trattamento. «È l’importante riprova di quanto pensavamo – spiega Giario Conti, responsabile dell’urologia all’ospedale Sant’Anna di Como e presidente dell’Associazione urologi ospedalieri-. A differenza di quanto avviene in caso di intervento chirurgico, quando le conseguenze si manifestano immediatamente dopo l’operazione, gli effetti collaterali della radio possono comparire gradualmente nel primo anno e, in ogni caso, si stabilizzano entro il secondo». Un discorso che vale, però, per le tecniche più innovative, come la radioterapia conformazionale tridimensionale a fasci esterni o quella a modulazione d’intensità (IMRT, Intensity Modulated Radiation Therapy), «quelle, in sostanza, che permettono di ridurre l’area colpita dalle radiazioni e, dunque, la loro tossicità – precisa Conti -. Con queste metodiche, infatti, le cure vengono mirate sulla prostata, mentre si riescono a risparmiare gli organi adiacenti (vescica, retto, bulbo uretrale) e i nervi deputati all’erezione, limitando notevolmente le conseguenze sgradite dei trattamenti».