Scoperto il fattore chiave della schizofrenia
Una temporanea riduzione di attività nel gene DISC1 nella corteccia prefrontale di topo nel periodo perinatale porta a mutazioni aberranti associate alla schizofrenia
La schizofrenia è una patologia incredibilmente complessa che insorge tipicamente all’inizio dell’età adulta, la cui eziologia è in parte legata a eventi patologici durante le primissime fasi dello sviluppo cerebrale.
Ora un nuovo studio pubblicato sulla rivista Neuron ha cominciato a svelare, grazie alla manipolazione un noto gene per la suscettibilità alla schizofrenia nel cervello dei topi allo stadio fetale, la complessa correlazione tra sviluppo cerebrale prenatale e maturazione dell’elaborazione del’informazione e delle capacità cognitive negli animali adulti.
“Sebbene sia chiaro che la schizofrenia abbia un’origine multifattoriale, molti studi hanno suggerito che le variazioni nei geni coinvolti possano portare alla perturbazione delle funzioni psichiche superiori”, ha spiegato Akira Sawa del dipartimento di psichiatria della Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora. “Si ritiene che questi fattori genetici rappresentino un ottimo strumento per studiare il collegamento tra sviluppo cerebrale e funzioni del cervello adulto.”
Sawa e colleghi del Dipartimento di farmacologia clinica della Università Meijo di Nagoya, in Giappone, hanno mostrato che una momentanea riduzione di attività nel gene DISC1 (Disrupted-in-Schizophrenia-1) nella corteccia prefrontale di topo appena prima o dopo la nascita porta a mutazioni aberranti negli animali adulti associati alla schizofrenia, inclusi la perturbazione di specifici cammini dopaminergici, un disturbo dei circuiti cerebrali e gravi anomalie comportamentali. Proprio la specificità di questa correlazione è l’elemento più significativo del risultato.
“Prima di questo studio, non era chiaro quale tipo di difetti dello sviluppo neurale fossero in grado di causare i difetti anatomici riscontrati nei soggetti schizofrenici, né il perché dell’insorgenza dopo i 15 anni di età, né la neurotrasmissione dopaminergica aberrante, né tantomeno i problemi psichici di deficit di elaborazione dell’informazione e di cognizione, né infine di psicosi”, hanno concluso i ricercatori.