Speranze dal primo trapianto di trachea su un bambino


Secondo la tecnica appena messa a punto è stata utilizzata una trachea prelevata da cadavere, che è stata poi impiantata impiegando il corpo del bambino come bioreattore naturale. Dopo un particolare “lavaggio”, per eliminare tutte le cellule viventi del donatore, è stata ottenuta un’impalcatura anatomica inerte che, a differenza dei tessuti vitali fin’ora usati nei trapianti, non può attivare reazioni di rigetto. Entro un mese circa, ci si attende infatti che la trachea “decellularizzata” inizi a rigenerarsi con le cellule del paziente (staminali e respiratorie) grazie ai naturali processi riparativi e a fattori di accrescimento introdotti nella trachea all’inizio dell’intervento.
La procedura, se avrà successo, rappresenterà un punto di svolta nella medicina rigenerativa. Il piccolo paziente, affetto dalla nascita da una stenosi congenita che impediva alla sua trachea di svilupparsi, era costretto a respirare come se avesse una cannuccia.