Piccole molecole riproducono comportamento proteina chiave del cervello
Ottenute grazie a una metodica innovativa, potrebbero aprire la strada a trattamenti innovativi per diverse patologie neurodegenerative
Una serie di piccole molecole che mimano il comportamento di una grande proteina chiave per il cervello, la BDNF, è stata identificata da un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine, che ne dà notizia in un articolo pubblicato sul Journal of Clinical Investigation.
“Queste piccole molecole potrebbero essere la base di farmaci in grado di aprire nuove strade al trattamento di numerosi disturbi neuropsichiatrici come l’Alzheimer, la malattia di Huntington e la depressione”, ha detto Frank Longo, che ha diretto la ricerca.
La BDNF (fattore neurotrofico di derivazione cerebrale) appartiene alla famiglia dei fattori di crescita nervosi, che hanno un ruolo critico nello sviluppo del sistema nervoso: quando si lega ai recettori neuronali, innesca una casata di segnali che dirigono la crescita di proiezioni neuronali verso altre cellule nervoso o la formazione di una connessione specializzata con un’altra cellule. La sua attività appare significativamente diminuita in diverse malattie neurodegenerative, ma i suoi livelli declinano progressivamente anche nelle persone sane con l’avanzare dell’età.
L’uso a fini terapeutici del BDNF stesso non è una via praticabile per diversi ordini di ragioni. È molto costoso, non può essere assunto per via orale perché viene distrutto a livello gastrointestinale e va quindi iniettato, ma anche così viene rapidissimamente degradato dall’organismo (“Nel sangue resiste appena per un minuto”, spiega Longo) e, infine, per le sue dimensioni non è in grado di superare efficacemente la barriera ematoencefalica.
Innovativo è stato anche il metodo con cui i ricercatori sono arrivati a isolare queste piccole molecole: Sono infatti partiti dallo screening di un milione di sostanze di cui è nota la struttura chimica, per testarne al computer la somiglianza strutturale con una porzione, lunga circa il 5 per cento di tutta la proteina, che si ritiene critica per la capacità di BDNF di legarsi al suo recettore neuronale, detto TrkB.
Fra tutte queste sono state isolate circa 2000 molecole le cui caratteristiche indicavano che avrebbero potuto comportarsi nel confronti del recettore TrkB come il BDNF. Successivamente queste molecole sono state vagliate attraverso un programma che ne verificava, sempre in via simulata, la non tossicità, la capacità di essere facilmente assorbibili dall’organismo, e altre importanti caratteristiche per le quali si dispone di alcuni criteri di massima che devono essere soddisfati perché siano possedute dalle molecole.
In questo modo i ricercatori sono arrivati a una lista di 14 molecole, ancora tutte virtuali, per le quali a questo punto è iniziato un lavoro di ricerca volto a identificare quelle che potevano essere ottenute concretamente a partire da composti e sostanze più o meno agevolmente disponibili a livello commerciale, giungendo infine a una selezione di sette molecole.