Melanoma: la crescita intermittente maligna che le accomuna alle staminali

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A differenza degli altri tumori, tutte le cellule di melanoma possono passare da uno stadio a crescita veloce a uno a crescita lenta “staminale”, maggiormente resistente ai trattamenti, e viceversa.

L’elevata malignità del melanoma sarebbe legato a una forma di “staminalità dinamica” che caratterizza le sue cellule e che differenzierebbe questo tumore da altre forme di cancro. A sostenerlo è un gruppo di ricerca del Wistar Institute diretto da Meenhard Herlyn, che firma un articolo suCell.

Secondo la concezione tradizionale, il cancro si sviluppa in seguito all’accumulo di una serie casuale di mutazioni maligne che alla fine permettono alla cellula interessata di crescere senza limiti. Nell’ultimo decennio gli oncologi hanno peraltro elaborato anche il concetto di cellula cancerosa staminale, che spiega come la lenta crescita e la persistenza di cellule “madri” consenta al tumore di continuare a presentarsi anche dopo i trattamenti. Secondo i ricercatori il melanoma seguirebbe una terza via, quella di staminalità dinamica, per cui nel melanoma il comportamento di tipo staminale non sarebbe confinato alla sole cellule madri.

Herlyn e colleghi hanno descritto una sotto-popolazione di cellule di melanoma a lenta crescita caratterizzate dalla proteina JARID1B, che è necessaria per la persistenza del tumore. Bloccando geneticamente la capacità di esprimere questa proteina, il tumore “si esaurisce” e non prolifera. Ma a differenza di quanto avviene con le classiche cellule staminali tumorali, le cellule di melanoma appaiono dotate di una notevole plasticità.

“Una sotto-popolazione a lenta crescita di cellule tumorali JARID1B-positive che – proprio perché a lenta crescita – è immune alla maggior parte delle terapie, può convertirsi spontaneamente in una popolazione di cellule JARID1B-negative a rapida crescita, con la seguente ri-manifestazione del tumore”, spiega Alexander Roesch, primo firmatario dell’articolo.

Lo studio è nato dalla scoperta fatta da Roesch di un legame fra la capacità di JARID1B di ridurre la proliferazione delle cellule di melanoma e la staminalità della cellula, che lo ha portato a verificare se JARID1B potesse essere un marcatore di cellule staminali di melanoma a lenta crescita. I primi risultati sembravano in effetti indicare che le cellule che esprimevano JARID1B fossero effettivamente a lenta crescita, come molte cellule staminali, e rare, rappresentando circa il 5 per cento della popolazione cellulare tumorale. “A questo punto ero soddisfatto, pensando di aver trovato un marcatore delle staminali tumorali”, racconta Roesch. Tuttavia, studiando il modello murino il ricercatore scoprì in breve che tutte le cellule di melanoma erano in grado di riprodurre il tumore, che esprimessero JARID1B o no.

Approfondendo le analisi i ricercatori hanno così scoperto che l’espressione di JARID1B non si conforma al modello classico di sviluppo delle staminali, e che le cellule che la esprimono possono spegnerne il gene e quelle che non lo esprimono possono attivarlo, ossia che l’espressione di quel gene è plastica e non stabile. “In sostanza, i nostri dati suggeriscono che qualsiasi cellula di melanoma può fungere da sorgente per un’indefinta ricostituzione del tumore.”

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