Riprodotta la struttura molecolare del fitocromo

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La struttura molecolare dell’”interruttore” grazie al quale le piante riescono a percepire la luce è stata decifrata grazie a una ricerca del Brookhaven National Laboratory del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti, in collaborazione con l’Università del Wisconsin a Madison, riportata suiProceedings of the National Academy of Sciences.

Precedenti studi avevano mostrato che la struttura sensibile alla luce, chiamata fitocromo, esiste in due stati stabili. I due stati sono sensibili a lunghezze d’onda della luce leggermente differenti, rispettivamente al rosso e al “rosso lontano”, prossimo cioè all’estremo dello spettro luminoso.

Quando il fitocromo assorbe i fotoni di una delle lunghezze d’onda o dell’altra cambia forma e invia segnali che consentono alla pianta di sapere quando fiorire, produrre clorofilla e crescere.

Come per molte molecole biologiche, la chiave della funzione del fitocromo è nella sua struttura. Ma per gli studiosi darne una descrizione dettagliata è una sfida formidabile, poiché la struttura della molecola è troppo dinamica per poter essere catturata con una singola immagine ottenuta con la cristallografia a raggi X. Per questo motivo, finora si era riusciti a studiare solo piccole porzioni fisse della molecola, ottenendo informazioni dettagliate ma frammentarie.

Come spiegano in un articolo apparso sui Proceedings of National Academy of Sciences, Huilin Li e colleghi del Brookhaven hanno così avuto l’idea di analizzare il fotocromo di un comune batterio che dal punto di vista biochimico e funzionale appare assai simile a quello presente nelle piante ma è più facile da isolare. Grazie a una sofisticata tecnica che sfrutta coloranti a metalli pesanti, i ricercatori sono riusciti dapprima a visualizzare le molecole di studio mediante microscopia elettronica e poi a produrre immagini bidimensionali da diversi angolazioni e infine una mappa tridimensionale e un modello atomico del’intero fotocromo.

Sebbene fosse noto che la molecola è composta da due unità “gemelle” che formano un dimero, la nuova struttura ha rivelato un’area di contatto tra le due unità sorprendentemente lunga che ne consente la diversa posizione relativa.

Il modello elaborato supporta l’idea che l’assorbimento della luce in qualche modo regoli la forza e l’orientazione del contatto e che, tramite una serie di trasformazioni conformazionali, trasmetta un segnale lungo l’interfaccia molecolare.

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