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Una nuova tecnica di analisi statistica ha permesso di identificare un complesso di 150 varianti genetiche che appare associato a una longevità eccezionale

Un gruppo di varianti genetiche che permette di predire una eccezionale longevità con un’accuratezza del 77 per cento è stato identificato da un team di ricercatori diretti dall’italiana Paola Sebastiani, attualmente docente di biostatistica alla Boston University Schools of Public Health and Medicine. Alla ricerca, pubblicata in un articolo apparso on line su Science, ha partecipato anche Annibale Puca dell’Istituto di tecnologie biomediche del CNR, a Segrate.

Partendo dal presupposto che le persone eccezionalmente anziane sono portatrici di molteplici variazioni geniche che ne influenzano la sopravvivenza, i ricercatori hanno condotto uno studio di associazione su tutto il genoma di ben 1055 centenari e oltre 1200 controlli.

Grazie allo sviluppo di un nuovo approccio statistico bayesiano all’analisi dei genotipi degli anziani, i ricercatori hanno potuto sviluppare un modello che include 150 varianti genetiche, in particolare polimorfismi a singolo nucleotide, che permettono di predire se una persona ha buone probabilità di superare i 90 anni.

I ricercatori hanno anche identificato 19 “firme” o profili genetici di longevità eccezionale che caratterizzano oltre il 90 per cento gli ultracentenari studiati.

Oltre che alle varianti associate alla longevità, i ricercatori hanno anche analizzato quante varianti associate alle malattie legate all’età erano presenti in ciascun soggetto centenario, scoprendo che però in questo caso la differenza rispetto ai controlli era piccola. Un risultato che induce a ipotizzare che, per quanto riguarda l’età raggiungibile, la presenza di varianti genetiche associate alla longevità ha maggiore importanza rispetto all’assenza delle varianti associate a quelle patologie.

La Sebastiani avverte peraltro che il modello è stato sviluppato per analizzare le basi genetiche di una longevità eccezionale, che arrivi e superi ei centro anni, e che sarebbero necessari ulteriori studi per poterlo applicare alla popolazione generale.

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