Le strategie infettive del Trypanosoma

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trypanosoma_brucei

Trypanosoma bruciei

Trypanosoma bruciei

I tripanosomi sono parassiti responsabili di molte patologie umane e animali, soprattutto in condizioni di clima tropicale. Una di queste, la malattia del sonno o tripanosomiasi africana, è il prodotto della puntura della mosca Tzé tzé, che minaccia circa 60 milioni di africani in 36 paesi Sub Sahariani con effetti spesso letali: la recente epidemia del 1998-2001 in Sudan, Angola, Repubblica Democratica del Congo e Uganda ha ucciso decine di migliaia di persone.

Ora un gruppo di ricercatori dell’ Università della Georgia e di quella di Glasgow guidati da Stephen Hajduk e Annette Macleod, che firmano un articolo in proposito sui Proceedings of the National Academy of Sciences, ha mostrato in che modo una specie di questi parassiti riesca a eludere le difese immunitarie dell’ospite umano.

Queste ultime infatti agiscono contro la maggior parte dei tripanosomi africani grazie alla mediazione dei TLF-1 (trypanosome lytic factor-1), una sottoclasse delle lipoproteine ad alta densità (HDL), che costituiscono il ben noto colesterolo buono.

I TLF-1 coinvolti solo sono l’apolipoproteina L-1 e la proteina aptoglobina-correlata, che agiscono in modo sinergico, nell’ambiente lipidico della particella HDL, formando una tossina specifica e altamente attiva contro i tripanosomi che infettano i mammiferi non-primati. Nonostante tale efficacia contro alcuni tripanosomi africani, la tossina è del tutto inoffensiva nei confronti dei parassiti umani.

Grazie a studi recenti, si è dimostrato che il parassita che nell’uomo causa la patologia acuta a insorgenza rapida, T. b. rhodensiense, ha evoluto un inibitore del TLF-1 denominato proteina SRA (Serum Resistance Associated). Un’altra specie, T. b. gambiense, responsabile di una forma di patologia cronica a insorgenza lenta, è responsabile del 95 per cento delle morti umane causate da questo parassita.

Finora non si sapeva molto sulla resistenza al TLF-1 nella specie T. b. gambiense. Grazie alla loro ricerca, Hajduk e Macleod hanno dimostrano per la prima volta che essa è causata dalla riduzione dell’assorbimento del TLF-1 da parte del parassita.

“Gli esseri umani hanno evoluto il TLF-1 come tossina altamente specifica contro i tripanosomi africani che riesce a ‘farsi assorbire’ imitando un nutriente che il parassita ha bisogno per sopravvivere”, ha spiegato Hajduk. “Ma T. b. gambiense a sua volta ha evoluto una contromisura contro questi Cavalli di Troia semplicemente sbarrando la porta al TLF-1, che così non è in grado di entrare nella cellula, bloccando in modo efficace il sistema immunitario innato dell’essere umano e determinando infine la patologia”.

Il parassita paga un prezzo limitando l’assunzione di un nutriente, ma la strategia d’infezione funziona ugualmente. La conoscenza di come il parassita riesca a sopravvivere apre la strada all’individuazione di un bersaglio terapeutico che impedisca al parassita di sfuggire al sistema immunitario umano.

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