Rene artificiale impiantabile: gli sviluppi del prototipo
Il prototipo, che richiede ancora un’ulteriore miniaturaizzazione, potrebbe essere disponibile per l’applicazione clinica entro cinque-sette anni
Ricercatori dell’Università della California a San Franciscohanno annunciato di avere messo a punto, con la collaborazione di gruppi di ricerca di molte altre università, un primo prototipo di rene artificiale impiantabile. Secondo i ricercatori, un prototipo utilizzabile concretamente in campo clinico potrebbe essere pronto entro cinque-sette anni.
“L’apparecchiatura è progettata per ottenere la maggior parte dei benefici che si hanno con un trapianto di rene”, ha detto Shuvo Roy, che ha coordinato i gruppi di ricercatori impegnati nel progetto. In una situazione in cui si dispone di un numero limitato di donatori all’anno, la maggior parte dei paziento deve ricorrere alla dialisi, ma i protocolli di dialisi attuali prevedono tre sedute alla settimana di una durata compresa fra le tre e le cinque ore e di fatto – ha proseguito Roy – il trattamento rimpiazza solo il 13 per cento della funzione del rene, con gravi conseguenze a lungo termine sul piano della salute del paziente.
Il sistema è a due stadi e nel primo vengono utilizzati particolari filtri microscopici per il filtraggio dal sangue delle tossine metaboliche, mentre nel secondo, all’interno di un bioreattore si realizza, grazie ai più recenti progressi dell’ingegnerizzazione dei tessuti, la crescita di cellule dei tubuli renali destinate a mimare l’azione del rene nel bilanciamento di elettroliti, metaboliti e acqua in modo da poter far svolgere all’apparecchio diverse altre funzioni biologiche svolte da un rene sano.
La prima fase del progetto, da poco conclusa, si è focalizzata sullo sviluppo delle tecnologie necessarie a ridurre l’apparecchiatura a dimensioni compatibili con l’impianto in un organismo vivente e a testare il funzionamento delle diverse componenti in modelli animali. Ora i ricercatori stanno lavorando per ridurre ulteriormente le dimensioni in modo da poterli impiantare nell’uomo.
Una versione a scala maggiorata dell’apparecchiatura, non impiantabile, è stata sperimentata su pazienti molto gravi.