Arresto cardiaco: 170 casi al giorno. La defibrillazione precoce puo’ ridurre le vittime

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Istituzioni, associazioni di pazienti ed esponenti del mondo scientifico a confronto in un seminario dal titolo: ”De­brillazione precoce: tra qualità e integrazionesvoltosi oggi presso il Senato della Repubblica

Roma, 26 ottobre 2010 – 1 ogni 19 minuti: questa è la frequenza di casi di morte per arresto cardiaco improvviso in Italia, per un totale di 60.000 vittime ogni anno. La percentuale di sopravvivenza all’arresto cardiaco è inferiore al 2%, dal momento che i sistemi tradizionali di soccorso non arrivano in tempo per eseguire con successo la defibrillazione elettrica, terapia in grado di ripristinare la normale attività cardiaca. Infatti, ogni minuto di ritardo nel somministrare la scarica elettrica riduce del 5-10% le possibilità di riavviare il cuore. La tempestività dell’intervento è quindi un punto cruciale.

Nonostante gli sforzi profusi negli ultimi decenni per migliorare il tasso di sopravvivenza, l’arresto cardiaco extraospedaliero continua a essere una delle principali cause di morte in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi industrializzati: in Italia corrisponde al 10% dei decessi annui, e al 50% di tutti quelli per malattie cardiovascolari.

La promozione di un’ampia diffusione dei defibrillatori automatici e semiautomatici esterni e la diffusione a larghe fasce della popolazione della cultura dell’emergenza, per formare i comuni cittadini, ad essere soccorritori in caso di necessità (punti cardine del Disegno di Legge del 30 maggio 2008, attualmente in fase di approvazione) sono i temi al centro del dibattito dal titolo: “De­brillazione precoce: tra qualità e integrazione”, tenutosi oggi a Roma presso la Sala Capitolare del Palazzo della Minerva del Senato e promosso dall’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla Prevenzione, dall’associazione Conacuore Onlus e dal leader di prodotti elettromedicali Medtronic, cui hanno partecipato il Senatore Antonio Tomassini – Presidente XII Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato della Repubblica che ha introdotto il dibattito, il Senatore Daniele Bosone – Vicepresidente XII Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, il Senatore Claudio Gustavino – Membro VII Commissione Permanente Istruzione Pubblica, Beni Culturali, il Senatore Stefano De Lillo – Membro XII Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, l’Onorevole Antonio Palmieri – Presidente Parlamentari del Cuore Camera dei Deputati, il Senatore Giuliano Barbolini – Presidente Parlamentari del Cuore Senato della Repubblica e Membro VI Commissione Permanente Finanze e Tesoro, ill Dottor Claudio Cricelli – Presidente S.I.M.G, il Professor Giovanni Spinella – Presidente Conacuore, il Dottor Antonio Destro – Responsabile di “Rimini Cuore” e Dirigente Modulo Organizzativo Emergenze Cardiologiche AUSL Rimini, il Dottor Antonio De Santis – Direttore Generale Ares 118, il Dottor Alessandro Barelli – Presidente IRC (Italian Resuscitation Council), il Generale Prof. Giuseppe Marceca – Dirigente Superiore Medico, Direttore Servizio Operativo Centrale di Sanità, Coordinatore Nazionale BLSD della Polizia di Stato, il Colonnello Prof. Angelo Giustini – Capo Servizio Sanitario del Corpo della Guardia di Finanza “Direttore di Sanità”, il Dottor Vincenzo Castelli – Presidente Fondazione Giorgio Castelli, Vicepresidente Conacuore, e l’Onorevole Domenico Di Virgilio – Membro XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, che ha concluso l’incontro.

“L’arresto cardiaco improvviso rappresenta un problema che incide in maniera rilevante non solo nella vita personale della vittima e dei familiari, ma anche a livello economico e sociale – ha dichiarato il senatore Antonio Tomassini, aprendo i lavori del seminario. La legge del maggio 2008 si inserisce pertanto in un percorso di grande rilevanza sociosanitaria, partito nel 2001 e con fasi successive nel 2004 e 2005, mirato a ridurre il numero di vittime per arresto cardiocircolatorio, attraverso la regolamentazione dell’utilizzo extraospedaliero della defibrillazione precoce. Con l’ultimo Disegno di Legge si riconosce l’importanza di diffondere ulteriormente la cultura dell’emergenza, ampliando il più possibile il numero soccorritori ‘non medici’, attraverso percorsi di formazione diffusi e di facile accesso con l’obiettivo di assicurare l’impiego in piena sicurezza dei defibrillatori esterni.”

Saper usare correttamente un defibrillatore semiautomatico esterno e apprendere le manovre di BLSD (Basic Life Support Defibrillation), ovvero le operazioni da attivare in caso di perdita di coscienza dovuta ad arresto cardiaco, richiede un semplice corso di formazione di poche ore, a seguito del quale si ottiene l’autorizzazione all’utilizzo del dispositivo, senza la necessità di ulteriore esperienza medica. Tuttavia, il problema dell’addestramento della popolazione “laica” è uno dei nodi cruciali della situazione italiana: ad oggi la legge prevede che i soggetti autorizzati a organizzare i corsi siano le ASL, le forze dell’ordine, il personale della rete del 118 e le associazioni di volontari che istituiscono rapporti privilegiati con questi enti. Un campo ristretto, che risente della disparità delle risorse economiche regionali e della sensibilità al problema delle singole realtà locali.

“Nel nostro Paese non esiste ancora una Legge nazionale di coordinamento della formazione degli operatori non medici – dichiara il Dr. Vincenzo Castelli, vicepresidente di Conacuore Onlus – la nostra prima istanza, è che si estenda la base di coloro – onlus e associazioni di volontariato in primis – che possano impartire corsi gratuiti di BLSD, previa autorizzazione da parte degli organi competenti. Poche ore in cui trasmettere istruzioni semplici, corrette e chiare per salvare vite umane. Inoltre, un secondo punto cruciale è il riconoscimento nazionale del diploma di operatore autorizzato: paradossalmente oggi, un diploma conseguito in una Regione potrebbe non essere considerato valido in un’altra, esponendo chi generosamente si prodiga in un soccorso così impegnativo, a potenziali rischi medico-legali, nonostante l’addestramento delle procedure segua Linee Guida valide a livello internazionale. Ci aspettiamo che il Disegno di Legge del maggio 2008 elimini questi paradossi e definisca i protocolli per individuare come allargare la base dei formatori.”

Un’altra importante questione è rappresentato dall’assenza di defibrillatori nei grandi luoghi pubblici come gli aeroporti, le navi da crociera, i club sportivi, i supermercati e, soprattutto, le scuole.

“L’Italia è uno dei Paesi europei più arretrati nella cultura dell’emergenza: purtroppo chi nel nostro Paese resta vittima di un attacco cardiaco improvviso (circa 160 – 170 persone al giorno), difficilmente potrà, in futuro, raccontare la propria esperienza, poiché il tasso di sopravvivenza è del 2% e la maggior parte dei luoghi extraospedalieri non sono dotati di defibrillatori – prosegue il Dottor Castelli – Una situazione ancora più vergognosa, se confrontata con ciò che succede fuori dall’Europa: da poco, per esempio, negli Stati Uniti è stato presentato uno studio in cui si prendono in esame 1.700 college dotati di defibrillatori, dove si pratica sport anche a livello agonistico. I risultati sono sorprendenti: la percentuale di sopravvivenza di chi è colpito da attacco cardiaco improvviso è del 64%. Una delle istanze più urgenti di Conacuore e della Fondazione Giorgio Castelli è quella di prevedere, in futuro, una Legge nazionale che sancisca l’obbligatorietà di corsi autorizzati, semplici e chiari, e della presenza di dispositivi di defibrillazione – che, ricordiamo, sono strumenti di facile utilizzo e sicuri – nei luoghi della nostra vita quotidiana: campi sportivi, treni, grandi navi da traghetto, ma soprattutto scuole ed università, luoghi preposti ad insegnare la cultura della vita e dell’attenzione verso il prossimo.”

Una maggiore diffusione dei defibrillatori automatici pone le Istituzioni di fronte alla necessità di creare un sistema integrato a livello nazionale e regionale per coordinare le attività di soccorso successivo all’impiego del defibrillatore, valutare e garantire la qualità dei dispositivi disponibili, promuovere il costante aggiornamento dei defibrillatori in uso, così da garantire l’accesso a tecnologie d’avanguardia come quelle che alla funzione principale affiancano il trasferimento dei dati del paziente alle unità mobili di soccorso e agli ospedali.

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