Carcinoma mammario: la chemioterapia prolungata aumenta sopravvivenza

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Le donne con carcinoma mammario metastatico possono vivere in media più a lungo se il trattamento chemioterapico viene prolungato anche dopo che è stato raggiunto il controllo della malattia.
Sono questi i risultati dell’importante ricerca scientifica, condotta dall’oncologa Alessandra Gennari dell’Ospedale Galliera di Genova, e presentati nell’ambito del 35° Congresso della Società Europea di Oncologia Medica, attualmente in corso a Milano. Lo studio affronta un’ importante area di dibattito sul trattamento del tumore al seno fornendo nuove evidenze scientifiche sulla base delle quali impostare la terapia.

“Nella pratica clinica- spiega Alessandra Gennari, impegnata da anni questo ambito specifico di ricerca e coordinatrice del gruppo che ha eseguito lo studio – il numero di cicli di chemioterapia che viene somministrato al momento della ricaduta, è spesso determinato oltre che dalla risposta al trattamento anche dal profilo di tossicità dei farmaci utilizzati, dalla tollerabilità della paziente e dall’attitudine dell’oncologo curante. Questo studio dimostra che il prolungamento della chemioterapia, oltre l’ottenimento della risposta, può favorire la cronicizzazione della malattia metastatica consentendo nella paziente un allungamento della vita e permettendo una buona qualità della stessa mediante un migliore controllo dei sintomi ”.
L’ analisi ha identificato 11 studi clinici randomizzati internazionali, di cui uno condotto in Italia e coordinato dalla stessa Dr.ssa Gennari, che hanno confrontato chemioterapie di durata più breve con chemioterapie di durata più lunga su un totale di circa 2.300 donne con carcinoma mammario metastatico. Globalmente una durata più lunga di chemioterapia si è associata con una riduzione del 34% del tasso di progressione di malattia. Per progressione si intende un aumento significativo nella dimensione delle lesioni metastatiche e/o la comparsa di nuove metastasi. Inoltre lo studio ha anche evidenziato che una durata più lunga di chemioterapia riduceva in media il tasso di morte del 9%.
“Questi risultati – continua Gennari – giustificano pertanto la pratica clinica di prolungare la chemioterapia per la malattia metastatica in assenza di tossicità significative o progressione di malattia. Inoltre, i dati sollevano nuovi argomenti di discussione clinica e scientifica quali l’integrazione di questi risultati con l’utilizzo di farmaci diretti verso bersagli molecolari come nel caso delle terapie ormonali e di altri farmaci biologici. Sulla base di questi risultati si apre un nuovo scenario in cui l’oncologo può valutare la pianificazione di schemi prolungati di chemioterapia adeguando dosi e tempistica nella singola paziente al fine di non incidere negativamente sulla qualità della vita”.
La ricerca è stata condotta in collaborazione con il Dipartimento di Epidemiologia dell’IST di Genova, il DISAL – Università di Genova, l’IRST Meldola (FC) , l’Università di Sindney, ed è stato possibile grazie al contributo dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC).

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