Da proteina di medusa possibile biosensore, strumento di imaging in-vivo

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jellyfish

Da una proteina ricavata da una medusa e in grado di legare piu’ molecole tra loro potrebbe venire uno strumento di diagnosi ottica, tecnicamente detta Imaging in-vivo, utile a studiare i meccanismi di azione di alcune malattie, tra cui la fibrosi cistica, la piu’ diffusa tra le malattie genetiche in Italia. Un’equipe di studiosi del Laboratorio Nest (National Enterprise for nanoScience andnanoTechnology) dell’Istituto Nanoscienze del Cnr, insieme alla Scuola Normale di Pisa e in collaborazione con l’Istituto Italiano di tecnologia ha infatti messo a punto un nuovo biosensore chiamato ClopHensor,proprio partendo dalla proteina di questa medusa e le molecole che questa crea nella cellula. Introducendo il biosensore nelle cellule e sottoponendo a radiazioni le molecole si puo’ infatti determinare, in base al colore che queste assumono, la concentrazione del cloro e la sua influenza sul pH cellulare.

“Attualmente il biosensore e’ coperto da brevetto europeo e non c’e’ stata ancora una sua trasposizione in test diagnostico, anche se non si puo’ escludere nel futuro – dice il dottor Daniele Arosio, il ricercatore del Laboratorio Nest della Normale di Pisa che ha guidato la ricerca -. Grazie a questo biosensore si potrebbero pero’ capire le cause del difetto nell’omeostasi del cloro e sviluppare dei farmaci piu’ specifici per ripristinarne il corretto funzionamento. E questo non vale solo per la fibrosi cistica ma si applica a varie altre malattie, come forme di epilessia, rare e dai meccanismi ancora non del tutto noti”. Attualmente nasce nel nostro paese un bimbo affetto da questa malattia ogni 3.000: in Italia ci sono piu’ di 4.000 malati di Fibrosi Cistica, molti dei quali, grazie alla terapie esistenti, in eta’ adulta.

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