L’equilibrio delicato della flora batterica intestinale

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Un enzima utilizzato dall’organismo per impedire che i batteri intestinali entrino nel flusso sanguigno è risultato cruciale anche per mantenere la normale popolazione microbica all’interno dell’apparato gastrointestinale, secondo i risultati diuno studio pubblicato sulla rivista Gut che potrebbe avere notevoli implicazioni per la limitazione degli effetti collaterali degli antibiotici.

Quasi tutti gli animali superiori possiedono una popolazione di microbi, principalmente batteri, nel tubo digerente. Questi organismi non sono pericolosi ma anzi hanno un effetto positivo sulla digestione, e la loro presenza previene la proliferazione di batteri patogeni.

Poiché tuttavia gli antibiotici uccidono ogni forma di vita microbica non resistente, compresa quella che alberga nell’intestino, il normale equilibrio di microorganismi salutari e pericolosi viene alterato, con conseguenti problemi sanitari che vanno dalla diarrea all’infezione da parte di ceppi batterici resistenti agli antibiotici.

Già nel 2008 il gruppo di Hodin aveva cercato di rispondere a una domanda fondamentale: perché i batteri intestinali e le loro tossine non passano nel flusso sanguigno? Dagli studi era emerso il ruolo cruciale della fosfatasi alcalina intestinale (IAP), un enzima prodotto dalla mucosa intestinale, nella protezione dalle molecole tossiche trovate in molti batteri patogeni. Questa circostanza ha dato l’occasione per affrontare un nuovo programma di studi diretti a comprendere in che modo questo enzima possa interagire con i batteri intestinali.

Studiando topi di laboratorio mancanti del gene per la IAP si è così riscontrato che tali  animali avevano un ridotto livello di tutti i batteri intestinali e in particolare non possedevano ceppi di Escherichia coli, che peraltro non riuscivano a crescere neppure se introdotti di artificialmente.

Per contro, somministrando ai topi la IAP mediante la dieta, questo batterio benefico per la salute era in grado di proliferare normalmente. Inoltre, in animali già infettati da salmonella, i livelli di questo agente patogeno venivano notevolmente ridotti portando dal 20 al 70 per cento la percentuale di animali in grado di sopravvivere.

“I nostri studi sui topi hanno dimostrato che somministrando con la dieta questo enzima agli animali si riesce a mantenere sano l’intestino, in particolare grazie alla conservazione o al ripristino dei batteri che albergano normalmente in tale organo”, ha commentato Richard Hodin, ricercatore clinico del Massachusetts General Hospital (MGH) e autore seniordell’articolo. “I dati raccolti potrebbero risultare particolarmente utili per combattere le infezioni di batteri pericolosi come SalmonellaC. difficile, che possono verificarsi quanto viene alterata la normale popolazione di batteri; inoltre potrebbero consentire lo sviluppo di un nuovo tipo di supplementazione dietetica per mantenere l’intestino in salute nel caso di assunzione di antibiotici.

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