Scoliosi gravi: il bisturi non sara’ l’unica alternativa
La cura della scoliosi non passa solo per i ferri del chirurgo. Nei prossimi giorni un nuovo studio dell’Isico (Istituto Scientifico Italiano Colonna Vertebrale) sarà presentato a Orlando, in occasione del 25° North American Spine Congress, con i dati relativi a 1.500 pazienti, tra cui 28 casi di interventi con trattamento conservativo salva-colonna. L’abitudine clinica, fino a questo momento, è stata quella di intervenire chirurgicamente dopo i 45° Cobb (la scala che misura la curvatura della colonna) quasi sempre senza dare tempo e modo per verificare l’efficacia del trattamento conservativo, perché si partiva dalla convinzione che il corsetto può solo stabilizzare la scoliosi e non la può migliorare. Ma non è così: il 71% dei pazienti gravi, considerati nella ricerca, ha avuto un miglioramento di almeno 5° Cobb, che in alcuni casi è salito oltre i 15°, addirittura 20° Cobb. Lo studio è il primo a dimostrare scientificamente risultati del genere. Secondo Stefano Negrini, direttore scientifico Isico “oggi non possiamo ancora dire in quali casi si possano ottenere questi risultati: la chirurgia è il trattamento delle curve più gravi, ma per chi la rifiuta e ancora non ha raggiunto livelli estremi, esiste un’alternativa, anche se molto pesante in termini terapeutici, che però non implica la fusione delle vertebre con viti e barre in titanio, né i rischi del bisturi”.
Lo studio ha preso in esame pazienti con curve oltre i 45° che rifiutavano l’intervento chirurgico. Si tratta di pazienti molto motivati, che più facilmente seguono in maniera ottimale sia il trattamento con corsetto rigido sia gli esercizi che lo accompagnano.
I pazienti che hanno cominciato il trattamento prima del 2005 hanno iniziato o con un gesso di Risser per un anno o, se rifiutavano anche questo, con un corsetto rigido lionese, mentre dopo il 2005 è stato adottato per tutti il più efficace e meno invasivo corsetto Sforzesco. Inizialmente si sono prescritte 23 ore al giorno di indossamento, per un intero anno, quindi si è ridotto per la prima volta di un’ora, poi di due ore ogni sei mesi fino al termine della cura.
“Le 23 ore iniziali sono necessarie ad ottenere la massima correzione possibile – spiega Negrini – poi adottiamo un graduale “svezzamento” dal corsetto con l’obiettivo di mantenere il miglioramento attraverso una diminuzione molto lenta nell’indossamento. Abbiamo verificato che ciò permette un adattamento progressivo del sistema posturale, favorito anche dal trattamento con esercizi”. (ASCA)