Alzheimer: i livelli di un enzima complice del deficit di memoria
Bassi livelli dell’enzima EphB2 indotti nei topi ingengerizzati possono riprodurre gli stessi problemi di memoria tipici della forma della malattia che colpisce l’essere umano
Una nuova strategia per prevenire la perdita di memoria tipica della malattia di Alzheimer è stata messa a punto dai ricercatori del Gladstone Institute of Neurological Disease (GIND) di San Francisco che illustrano il risultato in un articolo pubblicato su Nature.
La ricerca si è svolta su topi di laboratorio ingegnerizzati per sviluppare una forma simile all’Alzheimer, in particolare per esprimere bassi livelli dell’enzima EphB2 nelle aree cerebrali che sovrintendolo alla memoria.
Sia nell’essere umano sia nei topi, infatti, i processi mnemonici richiedono la comunicazione tra neuroni, che però viene disturbata o addirittura impedita dalle proteine amiloidi, che si accumulano fino a essere evidenti nei cervelli di soggetti affetti dalla malattia. Tuttavia finora non era noto nei dettagli in che modo avvenga l’interruzione della neurotrasmissione.
“L’EphB2 è una proteina che agisce sia da recettore sia da enzima”, ha spiegato Moustapha Cisse, primo autore dello studio. “Sospettavamo che essa fosse coinvolta nei problemi di memoria dell’Alzheimer poiché rappresenta uno dei principali fattori di regolazione della neurotrasmissione e i suoi livelli nel cervello risultano diminuiti nell’Alzheimer.
Per determinare sei i bassi livelli di EphB2 contribuiscano effettivamente allo sviluppo di problemi di memoria, i ricercatori hanno utilizzato la terapia genica per alterare i livelli di EphB2 nei centri della memoria dei topi. Negli animali sani, tale intervento altera la neurotrasmissione e determina problemi simili a quelli riscontrati nei soggetti affetti da Alzheimer. Questo risultato fa ipotizzare che in effetti vi sia un rapporto causale tra ridotti livelli di EphB2 e problemi di memoria.
“Stabilita questa connessione, si è proceduto a verificare se, al contrario, alti livelli della proteina potessero attenuare i problemi determinati dalle proteine amiloidi”, ha aggiunto Lennart Mucke, direttore del GIND e autore senior dello studio.
Aumentando i livelli di EphB2 nei neuroni di topi ingegnerizzati per produrre alti livelli di proteine amiloidi si è riusciti a prevenire i deficit di neurotransmissione e anomalie di comportamento. Inoltre, si è scoperto che le proteine amiloidi si legano direttamente all’EphB2 e ne causano la degradazione, il che aiuta a spiegare perché i livelli di EphB2 siano ridotti nell’Alzheimer e nei modelli murini della malattia.