[AME] Novità in tema di terapia dell’osteoporosi

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osteoporosi

Teriparatide

Il Teriparatide, frammento attivo 1-34 dell’ormone paratiroideo, si propone come nuovo approccio terapeutico per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale e per quella indotta dai glucocorticoidi. Il Teriparatide è indicato per il trattamento delle patologie dell’osteoporosi sia nell’uomo che nella donna.

Il suo meccanismo d’azione comporta un aumento della massa ossea e la conseguente diminuzione del rischio di fratture ossee nelle parti maggiormente a rischio, come vertebre, anca e femore. A differenza degli altri presidi terapeutici esistenti, il Teriparatide possiede la capacità di ricostruire l’osso danneggiato.

Nell’osteoporosi post menopausale, il frammento attivo 1-34 dell’ormone paratiroideo esplica la sua attività aumentando il numero delle cellule osteoblastiche attive (le cellule che formano osso sano) e allo stesso tempo diminuendone la morte. Nell’osteoporosi indotta dai glucocorticoidi, Teriparatide agisce contrastando direttamente l’effetto negativo di dette sostanze sull’osso.

La durata massima totale del trattamento con Teriparatide deve essere compresa tra i 18 ed i 24 mesi. La terapia può essere effettuata solo una volta.

La cura condotta in modo corretto, permette al paziente trattato con Teriparatide di avere un aumento della resistenza, della struttura e della qualità ossea, con una riduzione degli  episodi di frattura. Il paziente avverte così un notevole miglioramento della sintomatologia dolorosa, delle attività motorie e della postura, che si traducono in un miglioramento della qualità della sua vita.

Denosumab (a cura di Michele Zini, membro del Consiglio Direttivo Nazionale AME)

Il denosumab si conferma estremamente efficace nel trattamento dell’osteoporosi. Secondo quanto riportato dallo studio FREEDOM, il farmaco (definito dal TIME una delle scoperte scientifiche più importanti del 2009), è in grado di ridurre del 68% il rischio di frattura

vertebrale, del 40% quello per le fratture di anca e del 20% quello per le fratture non vertebrali.

Tenuto conto che i trial iniziali tendono a sovrastimare l’effetto reale dei farmaci, possiamo complessivamente ritenere che l’efficacia del denosumab, farmaco ad azione antiriassorbitiva, sia sovrapponibile a quella degli altri farmaci disponibili per il trattamento dell’osteoporosi.

Il profilo di tollerabilità del farmaco è buono. In particolare, non sono stati riportati casi di osteonecrosi della mandibola. Anche se questo potrebbe essere un punto di forza del denosumab, bisogna tenere presente che la reale portata di questo effetto collaterale è stata probabilmente sovrastimata: per quanto potenzialmente serio, tale effetto è stato osservato in particolar modo in pazienti con patologie diverse dall’osteoporosi (metastasi ossee, mieloma multiplo) e con bisfosfonati somministrati per via endovenosa. Patologia di base, posologie e vie di somministrazione erano pertanto sostanzialmente diverse da quelle con le quali si ha a che fare nel trattamento dell’osteoporosi.

Il RANKL, molecola importante nel metabolismo dell’osso, è espresso non solo dagli osteoclasti, ma anche dalle cellule del sistema immunitario. Ciò ha portato l’attenzione sui possibili effetti collaterali del denosumab su infezioni e neoplasie. In precedenza, l’uso del denosumab era stato associato ad aumentata incidenza (statisticamente non significativa) di neoplasie e infezioni, ma questo non è stato confermato dallo studio FREEDOM, anche se c’è stato un aumento dei casi di eczema (reazione dermica infiammatoria pruriginosa e non contagiosa) ed erisipela (un’infezione degli strati più superficiali della pelle provocata da streptococchi, che normalmente provengono da piccole ferite, tagli o piaghe).

La lunga durata del trattamento, la possibilità di eventi avversi e la mancanza di un indicatore rapido che dimostri al paziente l’efficacia della terapia che sta assumendo rendono la compliance un problema ricorrente nella gestione del paziente osteoporotico. La disponibilità di farmaci a somministrazione settimanale, mensile o annuale ha consentito di migliorare la aderenza al piano di terapia. In questo senso appare particolarmente favorevole la somministrazione semestrale per via sottocutanea del denosumab, che non richiede ospedalizzazione.

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