Declino cognitivo: una classe di antinfiammatori ne contrastano l’insorgenza
I farmaci antinfiammatori attualmente utilizzati per trattare patologie come l’artrite reumatoide potrebbero aiutare a prevenire i problemi cognitivi che compaiono dopo un intervento chirurgico: è questo il risultato di uno studio dell’Imperial College di Londra e dell’Università della California a San Francisco (UCSF) pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences.
L’effetto rivelerebbe così l’instaurarsi di una specifica risposta infiammatoria a livello cerebrale che spiegherebbe la perdita di memoria e altre difunzioni cognitive post-operatorie.
Da molto tempo anestesiologi e neurologi hanno cercato di spiegare perché alcuni pazienti, specialmente nella terza età, vanno incontro a confusione, disturbi di apprendimento e perdita di memoria dopo un intervento chirurgico. Sebbene sia tipicamente a breve termine, questa sindrome, nota come declino cognitivo post-operativo si presenta spesso nelle unità di terapia intensiva, poiché colpisce una percentuale di pazienti variabile tra il 28 e il 92 per cento, in dipendenza dall’età dallo stato di salute e dal tipo d’intervento subito.
Esso è stato anche associato a una peggiore prognosi post-operastoria, oltre che a un incremento del rischio di morte, di inabilità e di possibile demenza permanente.
Finora tuttavia, non era stato compreso chiaramente quali fossero le cause del disturbo e come fosse possibile trattarlo. Il risultato di questa nuova ricerca porta a ipotizzare che è causata dalle molecole di segnalazione intercellulare note come citochine, rilasciate dalle cellule del sistema immunitario.
Per inibirne l’attività sono già disponibili alcuni farmaci in grado potenzialmente di contrastare il declino cognitivo: questa l’ipotesi di partenza dello studio.
Precedenti studi avevano evidenziato la correlazione tra declino cognitivo post-operativo e livelli ematici di una citochina denominata interleuchina-1 beta (IL-1β), che è implicata nei processi infiammatori. Per questo studio, Mervyn Maze e colleghi del Dipartimento di anestesiologia e cure perioperatorie dell’UCSF hanno analizzato un’altra citochina denominata fattore di necrosi tumorale (TNF-α), implicata nei processi di regolazione della risposta infiammatoria del sistema immunitario prima che venga prodotta l’interleuchina-1.
Si è così proceduto a somministrare singole dosi di anti-TNF a topi prima di sottoporli a un intervento chirurgico: in effetti gli animali mostravano limitati segni cerebrali d’infiammazione, prevenendo inoltre il declino cognitivo.
“Si tratta di un’osservazione importante, poiché dimostra che le citochine rappresentano bersagli terapeutici in un’ampia gamma di patologie, non solo per le patologie autoimmuni e i tumori” ha concluso Marc Feldmann, che ha partecipato allo studio. “In particolare, sono già disponibili alcune terapie con un buon profilo di sicurezza e di costo limitato se utilizzati nel breve termine.”