Se la dieta aiuta il muscolo distrofico
Uno studio condotto a Padova e finanziato da Telethon dimostra come si può contrastare la degenerazione muscolare grazie a un regime dietetico povero di proteine.
Poca carne: le cellule muscolari ringraziano. In uno studio finanziato da Telethon e pubblicato su Nature Medicine*, Paolo Bonaldo dell’Università di Padova e Marco Sandri dell’Istituto veneto di medicina molecolare e dell’Università di Padova dimostrano come promuovendo la pulizia cellulare tramite una dieta povera di proteine o certi farmaci si possano migliorare le condizioni e la forza dei muscoli distrofici.
Grazie a questo lavoro – che ha visto la collaborazione anche di altri ricercatori Telethon come Luciano Merlini dell’Università di Ferrara, Nadir Maraldi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna e Paolo Bernardi dell’Università di Padova – è stato dimostrato per la prima volta che si possono migliorare i sintomi della miopatia di Bethlem e della distrofia muscolare di Ullrich controllando l’autofagia, il processo fisiologico che rimuove dalle cellule sostanze tossiche oppure porzioni cellulari danneggiate.
Queste due rare malattie genetiche sono dovute a un difetto nel collagene VI, la proteina responsabile dell’ancoraggio delle fibre muscolari alla loro struttura esterna di supporto, chiamata matrice. Come già dimostrato dagli stessi ricercatori nel 2008, tra le conseguenze patologiche del difetto genetico c’è un’alterazione dei mitocondri, le “centrali energetiche” delle cellule: con la progressione della malattia i mitocondri difettosi si accumulano nelle cellule muscolari e le portano alla morte.
I ricercatori Telethon hanno ora dimostrato che questi sintomi sono strettamente correlati a una inefficiente attività dell’autofagia sia nei topi distrofici sia nelle biopsie muscolari prelevate dai pazienti.
Essi hanno inoltre osservato che grazie a una dieta povera di proteine o a un trattamento farmacologico si può promuovere la “pulizia cellulare” nei topi distrofici quanto basta per rimuovere i mitocondri difettosi e mantenere le fibre muscolari pulite dalle sostanze di scarto. Ottenendo così un miglioramento significativo della salute dei muscoli, che nel modello animale si è tradotto anche in un aumento della forza.
«L’autofagia è molto importante per un riciclo “intelligente” delle sostanze che si accumulano nella cellula» spiega Bonaldo: «fornisce energia quando l’apporto metabolico è insufficiente ed evita la morte cellulare quando la cellula è affollata da materiali di scarto. Poterla controllare con la dieta o con un trattamento farmacologico mirato potrebbe rivelarsi una strategia vincente per contrastare la progressione della distrofia di Ullrich e della miopatia di Bethlem».
Più in generale, il controllo dell’autofagia potrebbe contribuire a contrastare l’invecchiamento delle cellule legato all’età: consumando una dieta povera di proteine e di aminoacidi e facendo tanto movimento si può “dare una mano” ad attivare questo meccanismo e a mantenere attivo il metabolismo basale del nostro corpo.
«È importante però mantenere un giusto equilibrio», conclude Sandri: «se l’autofagia viene attivata in modo eccessivo la cellula è portata di fatto ad “autodigerirsi” e quindi a morire. Occorre quindi poter controllare questa attivazione: come accade generalmente in natura, il giusto equilibrio è sempre la strategia vincente».
*P. Grumati, L. Coletto, P. Sabatelli, M. Cescon, A. Angelin, E. Bertaggia, B. Blaauw, A. Urciuolo, T. Tiepolo, L. Merlini, N. Maraldi, P. Bernardi, M. Sandri, P. Bonaldo, “Autophagy is defective in collagen VI muscular dystrophies and its reactivation rescues myofiber de generation”. Nature Medicine, 2010
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