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In passato, la mancanza di concepimento si riteneva dipendesse soprattutto dalla donna. Recenti studi, hanno invece dimostrato che almeno nel 34,5% dei casi è l’uomo ad avere una ridotta capacità riproduttiva. A confermare questo dato è l’incremento esponenziale, dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, della richiesta di analisi del liquido seminale che, secondo i dati del laboratorio di Semiologia e Immunologia della Riproduzione dell’Università “La Sapienza” di Roma, registra 5.000 richieste annuali.

Alla fine degli anni Sessanta, invece, non si arrivava nemmeno a 500 richieste l’anno.

Fare una stima della percentuale di coppie infertili nel mondo e in Italia risulta particolarmente problematico, anche a causa delle inevitabili difficoltà che comporta quantificare le nuove coppie che si formano di continuo fuori dal matrimonio e che non è possibile censire.

Il dato più attendibile proviene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che stima come nei paesi industrializzati circa il 10-20% delle coppie soffra di problemi di fertilità.

Per quanto riguarda l’infertilità maschile in Italia, un dato certo è che nonostante negli ultimi anni gli uomini abbiano preso maggior coscienza del loro ruolo primario nelle difficoltà legate al concepimento, la quasi totalità della popolazione maschile (90%) non fa prevenzione e non consulta un andrologo preventivamente. Questo è un dato allarmante considerando che molti casi d’infertilità maschile hanno origine da patologie uro-genitali e in molti casi prevenzione e cura risolverebbero facilmente il problema.

Un altro dato rilevante è che il 50% degli uomini italiani non si sottopone ad alcuna visita andrologica, nemmeno a seguito di diagnosi di infertilità, la quale viene presa in considerazione da parte degli uomini solo nel momento in cui cercano un figlio.

In alcuni casi le cause dell’infertilità maschile risalgono all’età pediatrica, mentre la diagnosi coincide quasi sempre con l’emergere, in età adulta, delle difficoltà di concepimento. Individuare le cause risulta allora difficile e l’unico elemento diagnostico facilmente riconoscibile rimane l’alterazione del liquido seminale.

Per un primo inquadramento dell’infertilità maschile è quindi obbligatorio effettuare almeno due valutazioni del liquido seminale: la valutazione delle caratteristiche degli spermatozoi e quella del liquido seminale.

L’interpretazione dei parametri dell’esame del liquido seminale, integrati con i dati clinici, rappresentano ad oggi il principale ed essenziale strumento diagnostico.

L’obiettivo del trattamento dell’infertilità maschile è quello di migliorare la qualità del seme del paziente e/o l’efficienza dei suoi spermatozoi. Il trattamento di un fattore causale o della oligozoospermia idiopatica (riduzione della concentrazione degli spermatozoi) può determinare un aumento di probabilità di concepimento naturale; inoltre può migliorare la probabilità di successo delle tecniche di fecondazione assistita o consentire di utilizzare tecniche meno aggressive: un terzo degli uomini infertili, una volta sottoposti alle cure adeguate, riesce a concepire naturalmente, mentre gli altri aumentano le possibilità di successo della fecondazione assistita.

Un corretto e tempestivo trattamento dell’uomo consente quindi di: ridurre gli interventi sulla partner e i rischi per la prole, diminuire i costi per la coppia e per la società e aumentare le reali probabilità di concepimento.

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