Telemonitoraggio dei dispositivi cardiaci impiantabili: minor consumo di risorse e migliore gestione clinica

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Da un’indagine compiuta presso il centro di elettrostimolazione cardiaca del San Filippo Neri di Roma, diretto dal Professor Massimo Santini, emerge che il follow up da remoto dei pazienti con dispositivi cardiaci impiantabili dimezza gli accessi in ospedale, migliora la prognosi della malattia, con un’ottimizzazione complessiva delle risorse. Ma resta il nodo della non rimborsabilità del servizio.

Roma, 30 novembre 2010 – Gli enormi progressi compiuti nel trattamento delle malattie cardiovascolari, che hanno dimostrato avere un ruolo fondamentale nell’assicurare una maggiore attesa e una migliore qualità di vita, riguardano, tra gli altri, l’innovazione tecnologica, in particolar modo la continua evoluzione dei dispositivi biomedicali, la sempre minor invasività delle tecniche chirurgiche e, grazie allo sviluppo nell’ambito delle telecomunicazioni, la telemedicina.

Negli ultimi anni, infatti, grazie ai progressi congiunti della telecardiologia e della tecnologia dei dispositivi cardiaci impiantabili (pacemaker, defibrillatori, resincronizzatori, ecc.), ampiamente utilizzati nel trattamento di patologie del ritmo quali bradicardia e tachicardia, dello scompenso cardiaco e come prevenzione della morte improvvisa causata da gravi aritmie, il controllo remoto dei pazienti è entrato rapidamente nella pratica clinica facendo prevedere che entro cinque anni esso rappresenterà lo standard per il monitoraggio dei device impiantati. Permangono, tuttavia, importanti nodi relativi alla rimborsabilità di questi sistemi per le aziende ospedaliere.

Questi in estrema sintesi i temi dell’incontro stampa svoltosi oggi a Roma dedicato allo stato dell’arte della telemedicina in Italia, nell’ambito del Congresso “Progress in Clinical Pacing” in corso a Roma presso l’Hotel Cavalieri Hilton, presieduto dal Professor Massimo Santini, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma. La conferenza, organizzata con la collaborazione di Medtronic Italia, ha visto la partecipazione, tra gli altri, oltre che dello stesso Professor Santini, del senatore Antonio Tomassini, Presidente della XII Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato.

In Italia nel 2009 sono stati impiantati circa 20.000 defibrillatori e oltre 60.000 pacemaker. L’innalzamento dell’età media e l’ampliarsi delle indicazioni all’impianto di dispositivi cardiaci (recenti evidenze scientifiche hanno evidenziato l’utilità dell’impianto di resincronizzatori anche nello scompenso cardiaco di grado lieve) fanno prevedere per i prossimi anni una crescita dell’utilizzo degli stessi, se si pensa che nel periodo 2003 – 2009 in Europa il numero di impianti ha avuto un incremento del 6% circa l’anno.

Tuttavia l’utilizzo di un dispositivo cardiaco impiantabile richiede un notevole impegno per i pazienti e per il personale medico-sanitario a causa dei continui controlli richiesti (circa 180.000 nell’ultimo anno) come parte integrante della terapia (in media ogni 3-6 mesi), che rischiano di mettere a dura prova il già affollato sistema di follow up ospedaliero. Controlli che la telemedicina, ormai applicabile ad ogni tipologia di dispositivo cardiaco impiantabile, può rendere meno onerosi, utilizzando il monitoraggio remoto del device e dei segni vitali del paziente, tramite la trasmissione automatica dei dati allo specialista.

“Questa tecnologia – dichiara il Professor Massimo Santini, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma si inserisce in un’ottica di miglioramento e di maggior efficienza di cura del paziente, con benefici sia per il soggetto stesso che per la struttura ospedaliera che se ne occupa. Benefici – continua Santini – che si possono riassumere in una riduzione del numero di visite ambulatoriali, dei ricoveri ospedalieri, del tempo del personale medico-infermieristico dedicato al follow up, con la liberazione di risorse che possono essere destinate ai nuovi pazienti arruolati, un miglioramento della gestione clinica delle aritmie e degli episodi di scompenso, grazie alla rilevazione immediata di possibili eventi avversi con la conseguente introduzione di interventi tempestivi mirati. Non possiamo, poi, dimenticare l’ottimizzazione del consumo di risorse con un utilizzo più razionale del personale e una migliore organizzazione del lavoro“.

“Nel 2009 abbiamo compiuto presso il nostro centro di elettrostimolazione cardiaca – aggiunge il Professor Santini – un’indagine per verificare l’impatto dell’introduzione del monitoraggio remoto dei pazienti con dispositivi impiantabili sull’organizzazione di un centro ad alta tecnologia e ad alto volume di prestazioni (6.923 pazienti ambulatoriali per controlli di pacemaker e defibrillatori), valutando i benefici sul consumo di risorse, sulla gestione clinica e sul gradimento del paziente”.

“Complessivamente – prosegue Santini – i 653 pazienti seguiti mediante monitoraggio remoto hanno beneficiato di un numero ridotto di accessi in ospedale per controlli programmati in quanto hanno visto raddoppiare l’intervallo di tempo fra le visite programmate (una visita ogni 12 mesi anziché ogni 6 per i pacemaker e 1 visita ogni 6 mesi anziché ogni 3 per i defibrillatori). L’aver, poi, assegnato al controllo remoto circa il 10% dell’intera popolazione di pazienti in follow-up ha consentito di introdurre circa 600 nuovi pazienti, con un aumento delle visite tradizionali nel corso dell’anno solo del 2% invece che del previsto 28%”.

“Aver potuto effettuare una diagnosi tempestiva e un intervento precoce in caso di eventi clinici importanti (aritmie, scompenso cardiaco, malfunzionamenti del dispositivo) ha avuto un impatto favorevole sulla prognosi dei pazienti – aggiunge Santini – In particolare il riconoscimento precoce di eventi asintomatici ma a rischio (come episodi di fibrillazione atriale) che con il sistema tradizionale sarebbero stati riconosciuti con 3-6 mesi di ritardo ha permesso di modificare rapidamente il trattamento farmacologico o la programmazione del dispositivo, evitando il verificarsi di situazioni critiche, diminuendo così gli accessi in pronto soccorso e le ospedalizzazioni“.

Un’altra dimostrazione del ruolo del monitoraggio remoto nel migliorare l’esito clinico del paziente risiede nella sua potenziale capacità di ridurre il verificarsi gli eventi sintomatici in seguito a rottura degli elettrocateteri, prevenendo nel caso dei defibrillatori, l’erogazione di shock inappropriati.

Infine, dal questionario somministrato ai pazienti seguiti con un sistema di telemedicina è emerso che più del 90% si è dichiarato ‘molto soddisfatto’ relativamente all’uso di tale tecnologia in tutte le cinque aree esplorate (rapporti con  lo staff ospedaliero, facilità d’uso del sistema, aspetti psicologici, impatto del controllo remoto sulla salute, grado di soddisfacimento in generale).

“I dati dimostrano – commenta Santini – che la stragrande maggioranza dei pazienti mostra un alto grado di gradimento nei confronti del controllo remoto e non trova difficoltà nella applicazione dello stesso, indipendentemente dall’età. Anzi, i pazienti più anziani, con patologie più severe, che ricevono dispositivi più sofisticati quali defibrillatori biventricolari (CRT), sembrano poter trarre il maggior beneficio dall’utilizzo di questa nuova tecnologia“.

Anche se il controllo remoto dei dispositivi cardiaci impiantabili sta entrando in modo costante a far parte della pratica clinica di molte realtà cardiologiche italiane, rimangono, tuttavia, alcuni punti aperti da definire per una attuazione uniforme della tecnologia. Innanzi tutto nel nostro Paese il sistema di monitoraggio remoto non viene equiparato, da un punto di vista amministrativo, ad una visita ambulatoriale.

La situazione attuale vede, quindi, le strutture ospedaliere senza riconoscimento e remunerazione del lavoro di follow-up da remoto, nonostante garantiscano attualmente a circa 10.000 pazienti la possibilità di essere seguiti, sostituendo buona parte dei controlli ambulatoriali con quelli di telemonitoraggio.

“Il recepimento sorprendentemente rapido a livello italiano di questa tecnologia – commenta il senatore Antonio Tomassini Presidente della XII Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato – è avvenuto, quindi, in totale assenza di un quadro amministrativo definito, a differenza di altri Paesi europei, come Germania, UK, Spagna, Finlandia e Svezia”.

“Il paziente deve essere messo sempre al centro di ogni decisione clinica e politica – conclude Tomassini – Parlare di innovazione vuol dire cercare ambiti migliorativi, traducendoli in scelte innovative per favorire politiche di prevenzione e di cura in linea con i concetti cardine di appropriatezza e accesso. In questo contesto sinergico rientrano anche le istituzioni politiche, che lavorano di concerto con la comunità medico-scientifico per cercare consulenza tecnica e fornire strumenti normativi migliori. Nel caso specifico, la naturale e attesa attuazione di una tariffa specifica parificata, almeno a quella che attualmente viene applicata al controllo ambulatoriale dei dispositivi cardiaci impiantabili, permetterebbe da un punto di vista amministrativo, di riconoscere il telemonitoraggio con un normale follow-up e ne coadiuverebbe la diffusione nelle strutture ospedaliere, aumentando l’efficienza delle stesse, a beneficio della qualità di vita del paziente“.

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