Screening prenatale: nuova regolamentazione per salute e casse dello stato

0
prenatal_screening

Il ministero modifica le indicazioni sulla gravidanza, guardando al risparmio e ai rischi per le future madri; la novità più rilevante è la notevole limitazione di amniocentesi e villocentesi: saranno a carico del servizio sanitario nazionale solo quelle effettuate nei casi realmente a rischio, non più per tutte le ultra35enni incinte / LA SCOPERTA 1

Screening prenatale si cambia. Amniocentesi e villocentesi non saranno più destinati alle future mamme con più di 35 anni, ma diventeranno test da eseguire solo in caso di rischio e necessità. Il ministero della Salute, con la collaborazione di un gruppo multidisciplinare di professionisti coordinati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e dal Centro per la valutazione dell’efficacia dell’assistenza sanitaria (Ceveas), ha rivisto i criteri per la gestazione e ha stilato un report che detta le regole per un parto sicuro.

All’interno ci sono anche le nuove linee guida per la gravidanza fisiologica, cioè quella che procede senza particolari problemi per la salute di mamma e figlio. Il documento racchiude consigli e raccomandazioni per rendere il percorso di nascita più sicuro, più controllato ma meno medicalizzato.

La gestazione – Perché la nascita avvenga nelle migliori condizioni, e per ridurre il numero dei parti cesarei, è necessario che la donna sia controllata durante la gestazione secondo criteri precisi. Il nuovo modello delineato dal ministero prevede che la futura mamma sia assistita dagli stessi professionisti in modo continuativo. In particolare, a prendersene cura sarà l’ostetrica, in collaborazione con il medico di medicina generale, i consultori e le altre strutture territoriali e il coinvolgimento dei medici specializzati in ostetricia e di altri specialisti in caso di complicazioni. Cambia anche il numero delle visite, che non devono più essere quattro. Inoltre, è previsto che i professionisti forniscano alle future mamme informazioni scritte sul programma delle visite, comprendenti il numero, la tempistica e i contenuti degli incontri.

Gli esami prenatali – I test di screening per diagnosticare aventuali anomalie fetali sono cinque: indagine ecografica al primo appuntamento, test sierologici per la sindrome di Down, amniocentesi ed analisi dei villi corali solo per chi è a rischio, indagine ecografica per anomalie fetali. Insomma, il modello fissato dal Ministero cambia la trafila e fissa paletti e criteri precisi: si sottopongono all’amniocentesi e alla villocentesi solo le donne a rischio, cioè quelle risultate positive al test combinato eseguito tra 11esima e 13esima settimana. Questo esame incrocia l’età materna, la traslucenza nucale e gli esami del sangue adatti a indentificare eventuali anomalie, come la sindrome di Down. “Si tratta di introdurre una diversa pratica clinica per individuare le donne a rischio – dice Vittorio Basevi del Ceveas, coordinatore del progetto delle linee guida – facendo dell’amniocentesi e villocentesi delle indagini di secondo livello”.

Le nuove linee guida cercano anche di rispondere agli esperti che lamentano un’eccessiva medicalizzazione della gravidanza. Secondo i dati dell’ultimo rapporto Cedap (Certificato di assistenza al parto), riferiti al 2007, in oltre l’84% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a quattro, mentre per ogni parto si fa una media di 5,1 ecografie. Le amniocentesi effettuate sono state il 15,4%, e diventano il 43% nelle madri con più di 40 anni.

La situazione attuale – Oggi amniocentesi e villocentesi sono a carico del Ssn per le donne dai 35 anni in su. “Questi però sono esami che comportano un rischio di perdite fetali di compreso tra l’1 e il 2% – dice Basevi -. Stabilire invece prima, con il test combinato, chi è a rischio, riduce il numero di interventi diagnostici invasivi, dei nati con sindrome di Down ed ha la stessa quantità di falsi positivi e negativi dell’amniocentesi e villocentesi. È lo stesso approccio sperimentato in altri Paesi, come la Danimarca, dove la valutazione del rischio fatta con test combinato ha dimezzato il numero di nati con sindrome di Down”. Il prossimo passo, conclude l’esperto, è che questi esami vengano inseriti nei nuovi Lea e vengano offerti gratuitamente non solo per le donne con più di 35 anni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *