Retina artificiale organica: italiani creano la prima

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retina

Una retina artificiale perfettamente funzionante, compatibile con i tessuti circostanti grazie a inserimenti di materiale organico. E’ quanto messo a punto dal Dipartimento di Neuroscienze e Neurotecnologie (NBT), il Centro di Nanoscienze e Tecnologie dell’Istituto Italiano di Tecnologia, e il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, autori dell’importante scoperta, la cui notizia verra’ data attraverso uno studio pubblicato su Nature Communications, tra le piu’ importanti riviste dedicate alle scoperte nelle scienze biologiche, chimiche e fisiche.

Il lavoro, “A hybrid bio-organic interface for neuronal photo-activation”, e’ stato coordinato dal prof. Guglielmo Lanzani, del Centro di Nanoscienze e Tecnologie. La premessa che ha guidato il gruppo e’ la ricerca di una soluzione ai problemi legati al malfunzionamento della retina umana. Questa e’ composta da un insieme di fotorecettori neuronali, chiamati coni e bastoncelli, capaci di captare i segnali luminosi, trasformarli in impulsi elettrici che vengono trasportati al cervello attraverso il nervo ottico.

Mancanze, difetti o patologie di questi fotorecettori portano a conseguenze piu’ o meno gravi e debilitanti, dal daltonismo alla cecita’. Il gruppo di lavoro e’ riuscito a creare una retina artificiale in grado di sostituire questo tessuto e le sue funzioni. Questa consiste in un’interfaccia tra le cellule nervose ed un materiale organico semiconduttore, chiamato rr-P3HT:PCBM, che e’ in grado di captare gli impulsi luminosi convertendoli in corrente elettrica. In questo modo, la stimolazione luminosa dell’interfaccia provoca l’attivazione dei neuroni, mimando il processo a cui sono deputati i fotorecettori presenti nella retina. Il campo delle bio-nanotecnologie studia la possibilita’ di creare materiali artificiali che possano sostituire i tessuti umani. Tra le maggiori sfide in questo campo, cosi’ nuovo e multidisciplinare, si trova la capacita’ di rendere il materiale artificiale compatibile sia con i tessuti collegati ad esso, sia con i tessuti circostanti l’impianto, limite posto dai materiali inorganici come i metalli e il silicio. “L’utilizzo di questo materiale organico semiconduttore e’ stato decisivo nel superare diversi problemi – afferma il prof. Guglielmo Lanzani del CNST – Il fatto di essere organico lo rende soffice, leggero e flessibile, garantendo una buona biocompatibilita’ ed evitando complicazioni ai tessuti circostanti. Inoltre, essendo un polimero semiconduttore, ha la capacita’ di trasmettere impulsi elettronici e ionici senza una grande dispersione di calore, che potrebbe causare diversi danni al sistema nel suo complesso” .

AGI – Salute

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