Campi elettromagnetici: possibili applicativi per cure
Un trattamento per il ronzio alle orecchie, la riabilitazione di pazienti con malattie del midollo spinale, la ricostruzione di cartilagini e la “elettrochemioterapia” per il trattamenti di tumori ossei. Sono solo alcuni dei filoni di ricerca che intende approfondire l’Associazione europea di bioelettromagnetismo (Ebea, European Bioelectromagnetics Association), riunita a congresso a Roma in questi giorni per illustrare gli ultimi risultati della ricerca sui campi elettromagnetici e per valutarne le possibili applicazioni diagnostiche e terapeutiche, oltre che i rischi per la salute.
Durante la quattro giorni di lavori i maggiori esperti europei di bioelettromagnetismo, ovvero la disciplina che studia l’interazione tra campi elettromagnetici e sistemi biologici, si confronteranno sugli studi più recenti. Studi dai quali non sembrano emergere risultati che giustifichino le preoccupazioni connesse alla grandissima diffusione dei sistemi di comunicazione wireless. E’ emersa piuttosto la tendenza a valutare gli effetti ‘positivi’ dei campi elettromagnetici: infatti, si sta rapidamente sviluppando un filone di ricerca che intende approfondire le opportunità offerte per la cura di diverse patologie.
La ricerca italiana è rappresentata ai massimi livelli con esperti a capo di progetti internazionali o di organizzazioni scientifiche: la ricercatrice Carmela Marino, attuale presidente dell’Ebea, e Paolo Vecchia è presidente dell’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection, organismo non governativo, formalmente riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità, incaricato di produrre le linee guida sui limiti di esposizione alle radiazioni non ionizzanti.