Crisi epilettiche: la proteina che le contrasta

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putrescina

La putrescina prodotta a livello cerebrale  nel corso delle crisi epilettiche, si converte in GABA e contrasta l’immediata ripresentazione di altre crisi

Dopo un attacco epilettico, nel tessuto cerebrale fa la sua comparsa una particolare proteina, la putrescina, il cui ruolo era finora rimasto enigmatico, lasciando medici e biologi nel dubbio se essa fosse indice di un aggravamento del danno cerebrale o fosse protettiva.

Ora una ricerca condotta presso la Brown University – descritta in un articolo publicato sulla rivista Nature Neuroscience – dimostra che questa proteina ha una funzione positiva.

La putrescina appartiene alla famiglia delle poliammine, che sono presenti in tutto l’organismo e mediano funzioni essenziali come la divisione cellulare.

Seguendo passo passo i processi biochimici che avvenivano nel tessuto nervoso di girini in cui venivano indotte crisi epilettiche, i ricercatori hanno infatti scoperto che la putrescina sottostà a processi metabolici che alla fine la convertono nel neurotrasmettitore GABA, che ha la funzione di “tranquillizzare” l’attività cerebrale. Di fatto la produzione di putrescina nel corso di una prima serie di crisi epilettiche indotte sviluppava un prolungato effetto protettivo che impediva che andassero a effetto i tentativi di indurre una successiva ondata di crisi epilettiche.

Successivi esperimenti hanno mostrato che l’effetto protettivo si verifica dopo che la putrescina viene metabolizzata, attraverso un processo che comprende almeno un passo intermedio, in GABA e quando i recettori delle cellule cerebrali per il GABA venivano attivati.

“Noi descriviamo un nuovo ruolo per il metabolismo delle poliammine che esita in un effetto protettivo sulle crisi epilettiche indotte. In generale, i dati presentati in questa ricerca possono avere iportanti risvolti terapeutici”, ha osservato Carlos Aizenman, che ha diretto lo studio.

“Potenzialmente, manipolando questo cammino metabolico possiamo diventare in grado di sfruttare questo effetto protettivo contro le crisi epilettiche. Dobbiamo tuttavia avvertire che è presto per pensare di tradurre questi risultati in un protocollo clinico.

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