Malaria: farmaci chemioterapici uccidono il parassita

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Una squadra di ricercatori finanziata dall’UE ha scoperto che una classe di farmaci chemioterapici originariamente creata per inibire determinate vie di segnalazione nelle cellule cancerose è in grado di uccidere il parassita che provoca la malaria. Gli esperti ritengono che la scoperta potrebbe aprire la strada a una nuova strategia per combattere questa patologia mortale, che ogni anno colpisce 250 milioni di persone e ne uccide da 1 a 3 milioni in tutto il mondo. Ogni tentativo di trovare una cura è stato finora ostacolato dalla capacità del parassita di sviluppare velocemente resistenza ai farmaci. La ricerca è stata pubblicata on line sulla rivista “Cellular Microbiology”.

Gli scienziati dell’équipe franco-svizzera hanno dimostrato che, per riprodursi, il parassita della malaria si avvale di una via di segnalazione presente nell’ospite (inizialmente nelle cellule epatiche, quindi nei globuli rossi). Gli enzimi attivi in essa non sono codificati dal parassita, ma piuttosto “dirottati” per servire ai suoi scopi. Proprio queste vie di segnalazione sono il target di una nuova classe di molecole sviluppate per il trattamento chemioterapico del cancro: gli inibitori della chinasi. Quando i ricercatori hanno trattato i globuli rossi infetti con il farmaco chemioterapico, il parassita si è bloccato istantaneamente.

Gli scienziati hanno testato gli eritrociti infettati dal Plasmodium falciparum e dimostrato come la via di segnalazione specifica PAK-MEK fosse maggiormente attivata nelle cellule infette che in quelle non infette. Una volta inibita farmacologicamente la via, il parassita diventava incapace di riprodursi e moriva. Applicato in vitro, il farmaco chemioterapico ha ucciso anche il parassita responsabile della malaria nei roditori (P. berghei), sia nelle cellule epatiche sia nei globuli rossi. Secondo i ricercatori, ciò significa che quella di dirottare la via di segnalazione della cellula ospite è una strategia comunemente utilizzata dai parassiti che provocano la malaria e che l’inibizione di tale via potrebbe rivelarsi una strategia efficace per combattere i vari ceppi di plasmodio che infettano gli esseri umani.

Finora, il parassita è riuscito a “sfuggire”, sviluppando rapidamente resistenza ai farmaci tramite una serie di mutazioni. Una volta nell’organismo, il plasmodio si nasconde infatti dal sistema immunitario all’interno delle cellule epatiche e dei globuli rossi, dove si moltiplica. La scoperta apre dunque le porte a una strategia del tutto nuova per combattere la patologia, come illustrano gli scienziati: “Anziché colpire il parassita stesso, potremmo rendere l’ambiente della cellula ospite totalmente inutile ai suoi fini, ponendo dunque fine a questo circolo mortale. Poiché la strategia si concentra unicamente sugli enzimi delle cellule ospite, il parassita sarà privato di un fondamentale modus operandi per lo sviluppo della farmacoresistenza (ovvero una serie di mutazioni nel target del farmaco).

A livello clinico, vengono già utilizzati molti farmaci chemioterapici chinasi-inibitori, e tanti altri hanno superato le prime due fasi dei test clinici. Sebbene questi farmaci abbiano effetti tossici, vengono tuttora utilizzati o considerati per il trattamento del cancro per periodi prolungati. Utilizzarli per combattere la malaria comporterebbe un periodo di trattamento sensibilmente più breve, pertanto il problema della tossicità sarebbe meno grave, spiegano gli scienziati, che suggeriscono di valutare immediatamente le proprietà antimalariche di questi farmaci, in modo da ridurre drasticamente i tempi e i costi necessari per tradurre nella pratica la nuova strategia contro la malaria.

Lo studio è stato parzialmente finanziato da quattro progetti dell’UE: ANTIMAL (“Development of new drugs for the treatment of malaria”), BIOMALPAR (“Biology and pathology of the malaria parasite”), MALSIG (“Signalling in life cycle stages of malaria parasites”) ed EVIMALAR (“Towards the establishment of a permanent European virtual institute dedicated to malaria research”).

I programmi ANTIMAL e BIOMALPAR sono stati finanziati nell’ambito dell’area tematica “Scienze della vita, genomica e biotecnologie per la salute” del Sesto programma quadro (6°PQ) dell’UE, rispettivamente con 17,75 e 16 milioni di euro. MALSIG e EVIMALAR, sostenuti nell’ambito del Settimo programma quadro (7°PQ), hanno ricevuto rispettivamente 3 e 12 milioni di euro in finanziamenti.

Per maggiori informazioni:

Ecole Polytechnique Federale de Lausanne (EPFL):
http://www.epfl.ch/

Cellular Microbiology:
http://www.wiley.com/bw/journal.asp?ref=1462-5814

 

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