trattamento del linfoma ALK-positivo con un inibitore della proteina ALK

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Università di Milano-Bicocca: pubblicati i primi risultati del trattamento del linfoma ALK-positivo con un inibitore della proteina ALK

Una molecola per combattere il linfoma ALK-positivo. Sono stati pubblicati sul “New England Journal of Medicine”, la più autorevole rivista di medicina del mondo, i risultati sul trattamento di pazienti affetti da linfoma ALK-positivo (conosciuto anche col nome di linfoma anaplastico a grandi cellule) con una nuova molecola, il crizotinib, che inibisce la proteina ALK alla base del linfoma.

La pubblicazione è firmata da Carlo Gambacorti Passerini, professore associato di Medicina Interna nel dipartimento di Medicina Clinica e prevenzione dell’Università di Milano-Bicocca, dal professor Enrico Pogliani, direttore dell’Unita di Ematologia dell’Ospedale San Gerardo, e dalla professoressa Cristina Messa, docente di Medicina Nucleare nello stesso Ateneo. La sperimentazione è stata condotta su due pazienti di 20 e 26 anni di età in fase avanzata di malattia, e che rappresentano i primi pazienti al mondo trattati con questi tipo di terapia.
Il gruppo di ricerca della facoltà di medicina dell’Università di Milano-Bicocca, diretto da Gambacorti Passerini, lavora da alcuni anni alla ricerca preclinica su questo tipo di linfoma e ha già prodotto importanti contributi nella conoscenza di questa patologia.


La terapia a base di crizotinib è stata avviata alla fine dello scorso giugno ed è tuttora in corso. I due pazienti, inizialmente ricoverati presso l’Unità di Ematologia del San Gerardo di Monza e attualmente dimessi, sono «casi estremamente avanzati – ha commentato il professor Enrico Pogliani, direttore del dipartimento di Medicina Clinica e prevenzione dell’Ateneo e dell’Unità di Ematologia –, per i quali vari livelli di chemioterapia, incluso il trapianto autologo di midollo osseo, avevano fallito. All’avvio della terapia la sopravvivenza dei pazienti era stimata in poche settimane».
La terapia con crizotinib ha evidenziato una risposta soggettiva (scomparsa della febbre, diminuzione o scomparsa dei dolori) già dopo tre/quattro giorni di trattamento, con successiva regressione completa delle lesioni presenti dopo un mese di terapia. I pazienti sono stati dimessi dall’ospedale dopo due/tre settimane e ora continuano a casa la terapia. La somministrazione avviene per via orale due volte al giorno e, al momento è ottimamente tollerata essendo stati riscontrati un episodio di diarrea lieve e un altro di disturbi visivi, entrambi durati meno di dieci giorni. Un paziente ha già raggiunto gli otto mesi di trattamento, il secondo cinque mesi.
«Trattandosi di pazienti con malattia in fase estremamente avanzata – ha detto il professor Gambacorti Passerini – la durata nel lungo periodo non è assicurata. Quello che sicuro, invece, data l’entità della risposta e i risultati molto simili nei pazienti trattati, è l’attività terapeutica molto importante e un minore impatto tossico del crizotinib rispetto ai più tradizionali farmaci citotossici/chemioterapici».
La rapidità della risposta terapeutica è arrivata anche dai controlli TAC/PET effettuati nelle Unità di Medicina Nucleare e radiologia dirette dalla professoressa Messa e dal dottor Di Lelio.
La verifica della terapia sarà ora estesa ad altri sette centri di cura e ricerca italiani mediante uno studio coordinato dal professor Gambacorti Passerini che durerà due anni e coinvolgerà circa 30 pazienti in tutta Italia. «Cinque pazienti in totale hanno iniziato questo trattamento» conclude il professor Gambacorti Passerini.

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