Sale e ipertensione arteriosa: cosa c’e’ all’origine della correlazione

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In seguito la consumo di sale, le persone predisposte mantengono più facimente la temperatura corporea, a discapito del controllo della pressione

Una nuova ricerca della Case Western Reserve University School of Medicine e della Kent State University ha permesso di compiere un notevole passo in avanti nella comprensione dei meccanismi che determinano la correlazione tra consumo di sale e pressione arteriosa. Secondo i risultati dello studio, il cui resoconto è apparso sulla rivista Hypertension Research, il sale indurrebbe un aumento dei valori pressori perché renderebbe più difficoltoso per il sistema cardiovascolare regolare sia la pressione sanguigna sia la temperatura.

 

Da decenni, la ricerca medica sa cercando di chiarire in che modo i valori di pressione siano legati all’introito di sale. Alcuni individui, descritti come altamente sensibili, mostrano un incremento della pressione arteriosa, contrariamente alle persone in cui tale reazione fisiologica non si verifica.

 

Tenuto conto che l’apparato cardiovascolare è responsabile del mantenimento della pressione normale e aiuta anche a controllare la temperatura corporea trasferendo il calore dai muscoli e dagli organi interni alla superficie della pelle, un gruppo di ricercatori guidati Robert P. Blankfield, professore di medicina di famiglia della Case Western Reserve University School of Medicine, e da Ellen L. Glickman, docente di scienze motorie della Kent State University, ha verificato se questo  duplice ruolo potesse spiegare l’ipertensione sensibile al sale.

 

Si è così proceduto a esaminare la reazione di un gruppo di 22 soggetti di sesso maschile in salute non affetti da ipertensione all’assunzione di acqua e sale. A tutti è stata rilevata a intervalli regolari una serie di parametri, quali pressione sanguigna, temperatura rettale indice cardiaco (il volume di sangue pompato dal cuore in un minuto).

 

Si è così riscontrato come l’ingestione di sale e acqua diminuisca la temperatura corporea più dell’ingestione di sola acqua. In particolare, nei soggetti resistenti al sale la temperatura diminuiva in misura maggiore che in quelli sensibili.

 

“Sembra che i soggetti sensibili al sale mantengano l’omeostasi termica in modo più efficace rispetto a quelli resistenti, ma sperimentano un incremento di pressione nel processo”, ha spiegato Blankfield. “Per converso, gli individui resistenti, mantengono un corretto valore di pressione arteriosa con l’introito di acqua e sale ma sperimentano una più intensa riduzione di temperatura nel processo”.

 

Matthew D. Muller, ricercatore del Penn State College of Medicine e primo autore della ricerca ha spiegato: “Se i nostri risultati fossero generalizzabili, sarebbe possibile rendere conto del ruolo del sale nello sviluppo dell’ipertensione negli individui sensibili, in cui l’effetto persiste per breve tempo dopo l’assunzione. Questo innalzamento temporaneo dei valori pressori, non importa se brevi o prolungati, potrebbero dare il via a una complessa catena di processi all’interno delle arterie grandi e piccole che caratterizzano i soggetti con ipertensione essenziale”.

 

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