Come il colesterolo cattivo si trasforma in colesterolo ‘buono’

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Se si riuscirà a trasferire la metodica dal piano sperimentale a quello clinico, si avrà un nuovo efficace strumento per contrastare l’epidemia di obesità

Silenziando, nel cervello di alcuni ratti, l’espressione di una proteina che si sa stimolare l’appetito, alcuni ricercatori della Johns Hopkins sono riusciti non solo a ridurre l’assunzione calorica da parte degli animali, ma anche a trasformare il loro grasso in una forma che più facilmente viene “bruciata” e trasformata in energia.

 

“Se potessimo indurre il corpo umano a trasformare il ‘grasso cattivo’ in ‘grasso buono’ che brucia calorie invece di immagazzinarle, potremmo aggiungere un nuovo efficace strumento per contrastare l’epidemia di obesità”, ha detto Sheng Bi, che firma con i colleghi un articolo pubblicato sulla rivista Cell Metabolism in cui è descritta la scoperta.

 

Il tessuto adiposo bianco è quello che tipicamente si accumula attorno all’addome e in altri distretti corporei e che immagazzina le calorie di troppo che assumiamo. Le cellule di questo tessuto adiposo contengono una singola grande goccia di lipidi, come il colesterolo e i trigliceridi.

 

Le cellule del tessuto adiposo bruno contengono invece molte goccioline di lipidi ciascuna delle quali è affiancata da elementi cellulari che ne consentono un agevole utilizzo ai fini della generazione di energia, e proprio per questo il grasso bruno è considerato grasso “buono”.

 

Normalmente i bambini possiedono una buona scorta di tessuto adiposo bruno alla nascita, che funge da difesa dal freddo, ma questo progressivamente diminuisce per far posto al grasso bianco tipico dell’adulto.

 

Bi e colleghi hanno progettato un esperimento per vedere se la soppressione del neuropeptide Y (NYP) nell’ipotalamo dorsomediale permettesse una diminuzione del grasso corporeo dei ratti. Questa struttura cerebrale è notoriamente collegata alla gestione della sete, della fame, della temperatura corporea, del bilancio idrico e della pressione sanguigna.

 

In questo modo hanno potuto verificare l’esattezza della loro previsione dei livelli di tessuto adiposo, tuttavia hanno anche inaspettatamente scoperto che il grasso bianco era stato pressoché completamente sostituito da grasso bruno.

 

Secondo i ricercatori la trasformazione fra i due grassi in seguito alla soppressione di NPY potrebbe essere legata all’attivazione delle cellule staminali per il grasso bruno che comunque continuano a persistere disperse nel grasso bianco.

 

Secondo Bi, una possibilità – peraltro ancora tutta da verificare – sarebbe quella di iniettare cellule staminali di grasso bruno nel tessuto adiposo bianco per stimolare la perdita di peso negli obesi, ma “solo la ricerca futura ci dirà se ciò è possibile”.

 

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