Dieta ipo-proteica per chi soffre di insufficienza renale

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Una dieta ipoproteica puo’ ritardare l’ingresso in dialisi di un anno. Attenzione al fosforo che utilissimo per denti e ossa e per il buon funzionamento delle nostre cellule, puo’ essere invece molto pericoloso per chi soffre di insufficienza renale cronica, cosi’ come una dieta troppo ricca di sale, cui si aggiungono fattori di rischio cardiovascolare quali pressione arteriosa sistolica, fumo di sigaretta e diabete.

Dell’argomento si e’ discusso nella sessione “Metabolismo del fosforo nell’insufficienza renale cronica” nell’ambito del 23* Congresso Nazionale dell’Andid l’Associazione Nazionale Dietisti che si chiude oggi a Milano.
Fondamentale e’ dunque il ruolo del dietista nella valutazione delle abitudini alimentari del paziente, del suo stile di vita e nella costruzione di un piano dietetico personalizzato in relazione alla situazione clinica (stato di malattia, possibili complicanze). Quello della dieta e’ un punto fondamentale per la cura delle malattie renali: in Italia oltre 6 milioni di persone gia’ soffrono di una patologia dell’organo, piu’ di 50 mila sono i pazienti in dialisi ed oltre il 10% della popolazione adulta presenta tutte le condizioni per sviluppare in futuro una malattia renale cronica. Eppure il 60% non sa che fra le prime cause ci sono proprio malattie note, come il diabete e l’ipertensione. Fattori spesso sottovalutati o ignorati anche dalla maggioranza dei dializzati (72%, secondo i dati resi noti dalla Fondazione Italiana del Rene) eppure anch’essi controllabili con una corretta dieta. Sono questi alcuni degli aspetti discussi nella sessione ‘Metabolismo del fosforo nell’insufficienza renale cronica” nell’ambito del 23* Congresso Nazionale dell’Andid l’Associazione Nazionale Dietisti che si chiude oggi a Milano.”Un aiuto importante, oltre al controllo di diabete e pressione arteriosa, proviene anche dalla dieta”, spiega Anna Laura Fantuzzi, dietista presso l’Unita’ Operativa di Scienza dell’Alimentazione e Dietetica del Nuovo Ospedale Estense di Modena e coordinatrice e referente dell’Ambulatorio di Malattie Renali.

“Infatti – continua – nel trattamento, nella cura e nella gestione delle eventuali complicanze dell’insufficienza renale cronica non e’ sufficiente predisporre una terapia dietetica a basso contenuto di proteine e sale, occorre anche prevedere e prevenire l’eccessivo accumulo di fosforo che costituisce un fattore di rischio importante nella progressione delle malattie renali. In particolare una dieta ipoproteica svolge una funzione protettiva contro quella che in letteratura viene definita la ‘morte renale’, prolungando la stabilizzazione della malattia e allontanando il momento della dialisi e dell’eventuale trapianto”. “Quando il rene e’ danneggiato, come avviene nei pazienti con insufficienza renale cronica – precisa Vittorio Andreucci, vicepresidente della Fondazione Italiana del Rene Onlus – non e’ piu’ in grado di eliminare il fosforo. In questi casi e’ dunque necessario monitorarne minuziosamente il quantitativo introdotto con la dieta, specie attraverso latte e latticini, per contenere le quantita’ seriche nei pazienti in predialisi in valori compresi tra 2,7 e 4,6 mg/dl e nei pazienti in dialisi tra 3,5 e 5,5 mg/dl. L’iperfosfatemia nel paziente con insufficienza cronica e’ molto pericolosa poiche’ non solo aumenta di molto il rischio cardiovascolare, ma porta anche allo sviluppo di iperparatiroidismo secondario, ad alterazioni del metabolismo osseo e all’aumento di calcio e fosforo. Sono proprio le concentrazione eccessive nel sangue di questi due ultimi elementi a preoccupare perche’ possono provocare la formazione di piccoli depositi di minerali in vari organi e tessuti che a loro volta ingenerano calcificazioni a livello cardiovascolare. E’ dunque indispensabile prevenire questo evento con una dieta adeguata, poiche’ anche con la dialisi non e’ possibile eliminare completamente tutto il fosforo in eccesso”. “Inoltre non va sottovalutato il fatto che una dieta ipoproteica gestita da un dietista con il supporto di un team motivato – conclude la dr.ssa Fantuzzi – e’ in grado di ritardare l’accesso in dialisi di circa un anno e questo va a vantaggio sia di una migliore qualita’ di vita del paziente, che non deve essere schiavo di una macchina che aiuti la funzionalita’ renale, che di un notevole risparmio per il sistema sanitario, nel rispetto della farmaco-economia”.

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