Parassitosi intestinali: la svolta potrebbe arrivare da un componente della mucosa

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mucina

I vermi parassiti sono una delle più importanti cause di morte e malattia per oltre un miliardo di persone, soprattutto nei paesi del Terzo mondo


I vermi parassiti sono una delle più importanti cause di morte e malattia per oltre un miliardo di persone, soprattutto nei paesi del Terzo mondo. Ora un gruppo di ricercatori dell’Università di Manchester è riuscito per la prima volta a identificare un componente chiave del muco intestinale che è tossico per questi parassiti.

“Per la prima volta abbiamo scoperto che un singolo componente della barriera di muco, la mucina Muc5ac, è essenziale per l’espulsione dei vermi parassiti, e questo può portare a nuovi trattamenti per le persone che soffrono cronicamente di infestazioni da vermi”, osserva Sumaira Hasnain, primo firmatario dell’articolo che descrive la ricerca pubblicato sul Journal of Experimental Medicine.

“Questi vermi parassiti vivono nell’intestino, che è protetto da uno stretto strato di muco, che non è una semplice mucillagine, ma una complessa miscela di sali, acqua e grandi proteine ricoperte da un rivestimento ‘zuccherino’ chiamato mucina, a cui si deve la consistenza gelatinosa del muco”, spiega David Thornton, che ha diretto la ricerca.

“Per studiare queste malattie abbiamo usato un modello murino in cui abbiamo cercato di curare l’infezione da Trichuris muris, un verme strettamente affine all’equivalente umano, Trichuris trichiura.”

“Dapprima abbiamo scoperto che i topi che erano in grado di espellere i parassiti producevano più muco e che il muco di questi topi conteneva mucina Muc5ac. Si tratta di una mucina che raramente si trova nell’intestino, ma che quando è presente altera le proprietà fisiche del gel di muco.

Successivamente abbiamo studiati topi geneticamente incapaci di produrre la Muc5ac, scoprendo che essi non erano in grado di espellere i vermi anche se avevano una forte risposta immunitaria contro i parassiti. E questo portava a un’infestazione di lungo periodo”, ha aggiunto Richard Grencis, co-autore dello studio.

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