Tumori: dal c-MET alla TAC a spirale risultati discussi al congresso mondiale di Amsterdam
L’obbiettivo è il solito: provare ogni mezzo per bloccare i tumori. In questa sfida che impegna ogni giorno la ricerca oncologica, un’altra tappa è stato il congresso mondiale sui tumori al polmone, appena concluso ad Amsterdam. Gli oncologi sanno che la guerra contro il cancro non sarà facile da vincere e richiede tempo; intanto è importante concentrarsi su singole battaglie, come rallentare la progressione del cancro, di ‘cronicizzarlo’, o come migliorare le terapie esistenti. E su questo stanno lavorando gli scienziati di tutto il mondo, in attesa di scoprire la ‘pallottola magica’ contro questa malattia.
Anche ad Amsterdam si è rilevato come accanto alla chemioterapia tradizionale, che uccide in maniera più o meno indiscriminata cellule maligne e cellule sane (con una ‘predilezione’ naturalmente per quelle che si moltiplicano a più alta velocità, quali appunto quelle tumorali), si vanno affiancando terapie sempre più sofisticate, costruite su misura contro gli obiettivi sensibili del cancro, cioè quei recettori e quegli ingranaggi intracellulari che, una volta attivati, conferiscono alla cellula tumorale la possibilità di costruire nuovi vasi attraverso i quali espandersi.
Tra le linee di ricerca più moderne c’è quella che vede protagonista la via del c-MET, della quale si è molto parlato al congresso olandese. Il c-MET è un recettore, una sorta di serratura ubicata sulla superficie delle cellule, che si apre quando si infila la sua ‘chiave’, l’HGF (Hepatocyte Growth Factor), un minuscolo fattore di crescita. Questo incontro chiave-serratura mette in moto un complesso ingranaggio all’interno della cellula, che la porta a proliferare, la protegge dalla morte programmata e l’aiuta a inviare segnali che stimolano la proliferazione di nuovi vasi. Tutti questi processi, utilissimi nella fase di sviluppo embrionario o quando si tratta di riparare una ferita, diventano pericolosissimi se restano sempre attivi, come un pulsante sempre in modalità ‘on’, che è appunto quello che succede nelle cellule tumorali.
Il tivantinib, una molecola contro il recettore c-MET, è al momento il farmaco in più avanzata fase di sviluppo, tra quelli diretti contro questa via (è appena partita una sperimentazione clinica di fase 3 in diversi Paesi del mondo), ma sono allo studio anche anticorpi contro la ‘chiave’ (l’HGF) e una serie di piccole molecole volte a bloccare a vari livelli gli ingranaggi che si mettono in moto all’interno della cellula. Di tutto ciò si sentirà molto parlare nei prossimi anni, anche perché sembra che la via del c-MET sia una delle principali strategie messe in campo dal tumore per resistere agli attacchi della chemioterapia, della radioterapia e degli inibitori delle tirosin-kinasi, come l’erlotinib che, al momento, rappresentano uno dei trattamenti più moderni contro diversi tipi di tumore.
Un altro capitolo fondamentale della ricerca è quello riguardante l’individuazione di biomarker sempre più sensibili, che consentano non solo di scovare il tumore in stadi sempre più precoci, ma anche di prevedere la risposta (o meno) alle terapie a bersaglio molecolare, potentissime o inefficaci e dannose a seconda del paziente. Un esempio di questo filone di ricerca viene dal Lung Cancer Mutation Consortium, uno studio collaborativo tra 14 centri statunitensi, che sta scrivendo la carta d’identità genetica dell’adenocarcinoma del polmone, attraverso la ricerca di una decina tra le principali mutazioni del Dna tumorale a oggi conosciute (KRAS, EGFR, BRAF, HER2, PIK3CA, MEK, amplificazioni MET, fusioni ALK, ecc).
L’idea è quella di usare in tempo reale il profilo molecolare del tumore (molto più veritiero e predittivo del classico esame istologico) per orientarsi verso la scelta del miglior trattamento, di quello cioè che darà le maggiori possibilità di risposta. I ricercatori americani hanno individuato almeno una delle dieci mutazioni testate nel 55% dei tumori del polmone esaminati (il 9,6% presentava fusioni ALK, il 4,9% amplificazioni della via di c-MET). E’ un inizio promettente anche se, a voler vedere il bicchiere mezzo vuoto, per l’altra metà dei tumori l’identikit genetico non ha ancora neppure i contorni del volto.
E ancora più complessa la questione è nei tumori del polmone dei non fumatori, che mostrano un’instabilità genomica maggiore rispetto a quella del tumore dei fumatori. Questo fa pensare che nei non fumatori lo sviluppo del tumore segua strade molecolari completamente diverse; le mutazioni del Dna sono molto più numerose nei non fumatori e, da un punto di vista molecolare, nonostante un aspetto simile (il cancro del polmone, appunto), è come se si trattasse di due malattie differenti. Anche qui c’è tanto lavoro da fare, visto che un caso di tumore del polmone su 4 si sviluppa in un non fumatore, più spesso in donne di razza asiatica, più frequentemente portatrici di mutazioni dell’EGFR .
E mentre ci si industria a trovare strategie diagnostiche sempre più sofisticate per il futuro, bisogna continuare a fare i conti col presente. Buone notizie, vengono da uno studio (Nlst, National Lung Screening Trial) finanziato dal National Cancer Institute americano e di recente pubblicato sul New England Journal of Medicine. I ricercatori hanno preso in esame 53mila forti fumatori di età compresa tra 55 e 74 anni, dimostrando che lo screening del tumore polmonare effettuato mediante Tac spirale è molto più efficace 1di quello realizzato attraverso una radiografia semplice del torace.
In pratica, la TAC spirale, consentendo di diagnosticare in fase molto più precoce il tumore in questa popolazione ad alto rischio, ha portato a una riduzione di mortalità per cancro del polmone del 20% e a un 7% di riduzione di mortalità per tutte le cause. Lo studio Nlst è stato il primo studio a dimostrare una significativa riduzione di mortalità per questo tipo di tumore grazie alla diagnosi precoce effettuata con Tac spirale a basso contenuto di radiazioni.
L’indicazione non è però ancora entrata nelle raccomandazioni ufficiali delle società scientifiche, anche perché si è in attesa dei risultati di un altro studio belga-olandese, il Nelson, condotto su 20mila forti fumatori, dal quale si attendono ulteriori indicazioni rispetto allo studio americano. L’International Association for the Study of Lung Cancer, in una dichiarazione ufficiale, consiglia ai forti fumatori di 55-74 anni di valutare col proprio medico l’eventualità di sottoporsi a Tac spirale.