Sindrome delle gambe senza riposo: individuati i fattori genetici di rischio
Un team internazionale di ricerca ha scoperto i fattori genetici di rischio della sindrome delle gambe senza riposto (restless legs syndrome o RLS), un disturbo che provoca sensazioni spiacevoli alle gambe durante la notte. Lo studio, presentato sulla rivista PLoS Genetics, sottolinea come i portatori delle varianti di rischio hanno maggiori probabilità di sviluppare la RLS. I ricercatori dicono che i risultati potrebbero contribuire ad alimentare ulteriori studi su questo disturbo, portando magari a nuovi e migliori metodi di cura.
La sindrome delle gambe senza riposo è un disturbo senso-motorio che colpisce fino al 10% della popolazione generale di età superiore ai 65 anni. Anche i bambini possono essere colpiti da questo disturbo anche se con meno frequenza. Oltre alle spiacevoli sensazioni che riguardano gli arti inferiori del corpo, chi soffre di questo disturbo ha anche la necessità di muoversi quando riposa la sera o la notte. La parestesia comprende il formicolio, il pizzicore e l’intorpidimento. Solo quando si muovono le gambe, o ci si alza per camminare, si prova un po’ di sollievo dal disturbo. Lo svantaggio di muovere le gambe o di camminare però è che si innescano disturbi del sonno, perdita del sonno cronica e persino fatica diurna. In casi particolarmente gravi i pazienti soffrono di depressione e isolamento sociale.
“La RLS è stata associata a una deficienza di ferro e risponde a una terapia farmacologica di sostituzione della dopamina. Eventi cardiovascolari più frequenti, depressione e ansia costituiscono le comorbidità conosciute,” scrivono gli autori, descrivendo i rischi medici per i pazienti.
I ricercatori tedeschi dell’Istituto di genetica umana, Helmholtz Zentrum München e della Technische Universität München (TUM) studiano l’origine della RLS da diversi anni. L’obiettivo principale era quello di migliorare la diagnostica e offrire soluzioni di cura innovative. In questo recente studio, sotto la guida del professor Winkelmann dell’Istituto di genetica umana della TUM, il gruppo tedesco insieme ai colleghi provenienti da Austria, Canada, Finlandia, Francia, Germania, Repubblica ceca e Stati Uniti, ha esaminato oltre 4.800 pazienti cui era stata diagnosticata la RLS e 7.280 pazienti di controllo, tutti di discendenza europea.
Sono state analizzate le varianti della sequenza genetica (SNP) distribuite in tutto il genoma e il consorzio ha identificato due nuove regioni genetiche che contribuiscono allo sviluppo di questo disturbo. Gli studi di associazione di tutto il genoma hanno trovato fattori di rischio genetico con MEISI, BTBD9, PTPRD e “un sito che comprende MAP2K5 e SKOR”, dicono i ricercatori.
“Per identificare altri siti di vulnerabilità alla RLS, abbiamo intrapreso un’analisi di tutto il genoma allargata su una popolazione di controllo tedesca, seguita da una replica su campioni di controllo indipendenti di origine europea, statunitense e canadese,” scrivono gli autori. “Così facendo abbiamo identificato sei siti di vulnerabilità alla RLS con una rilevanza di tutto il genoma nell’analisi congiunta, due dei quali erano nuovi: una regione intergenica sul cromosoma 2p14 e un sito su 16q12. I primi sei siti mostrano dimensioni di effetto tra 1,22 e 1,77 e frequenza di alleli di rischio tra il 19% e l’82% e mostrano geni in vie nervose di trascrizione dei neuroni di cui prima non si sospettava un coinvolgimento in questo disturbo.”
Una delle regioni si trova all’interno di un gene che influenza la regolazione dell’attività del cervello, il TOX3. Gli esperti sanno che un aumento della proteina TOX3 protegge le cellule neurali dalla morte cellulare, ma l’associazione specifica tra il TOX3 e la RLS è ancora un mistero. I risultati di questo studio potrebbero aiutare gli scienziati a studiare i meccanismi sottostanti, il che a sua volta potrebbe risultare in nuovi metodi di trattamento.
Per maggiori informazioni, visitare:
PLoS Genetics:
http://www.plosgenetics.org/home.action
Helmholtz Zentrum München:
http://www.helmholtz-muenchen.de/en/start/index.html