L’invecchiamento parte dall’ostruzione di piccoli vasi sanguigni del cervello

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Alcuni comuni segni di invecchiamento, come ad esempio i tremori alle mani, il camminare lentamente, l’incurvamento della schiena, potrebbero essere dovuti a piccoli vasi sanguigni del cervello ostruiti che le correnti tecnologie non riescono ancora a individuare.


In uno studio pubblicato sulla rivista Stroke: Journal of the American Heart Association, un team di ricercatori del Rush University Medical Center di Chicago ha riportato le conclusioni di una indagine autoptica svolta sui cervelli di un gruppo di persone anziane. Gli scienziati hanno trovato microscopiche lesioni – troppo piccole per essere scoperte da tecniche di brain imaging – in ben il 30 per cento dei soggetti per i quali non era stata fatta alcuna diagnosi di sofferenza cerebrale o ictus. Non solo. Quelli che, in vita, manifestavano le maggiori difficolta’ a camminare erano quelli che avevo lesioni multiple, e due terzi avevano almeno una anomalia a un vaso sanguigno, il che suggerisce un nesso fra i vasi sanguigni ‘bloccati’ e i comuni segni dell’invecchiamento. Il team ha cominciato lo studio nel 1994 con esami annuali, coinvolgendo 1.100 sacerdoti e suore che mostravano segni di invecchiamento.

I partecipanti alle ricerche avevano donato i loro cervelli per essere esaminati dopo la morte. Gli scienziati hanno effettuato 418 autopsie cerebrali (61 per cento donne, con una media circa 88 anni di eta’). Sebbene il morbo di Parkinson aveva riguardato solo il 5 per cento dei soggetti, almeno la meta’ degli 85enni mostrava lievi sintomi associati alla malattia. Le autopsie compiute hanno rivelato l’esistenza di piccolissime lesioni che, per ora, e’ possibile individuare solo dopo la morte, con una autopsia del cervello al microscopio. “Spesso le lievi difficolta’ motorie che compaiono, in assenza di una precisa patologia diagnosticata come il Parkinson, sono accolte come segno di invecchiamento – ha spiegato Aron S. Buchman, a capo del gruppo di ricerca – ma noi non dovremmo accettarle come tali. Dovremmo cercare di capire meglio la situazione e tentare di porvi rimedio. Con questo studio abbiamo provato a dimostrare che forse e’ possibile intervenire in questo senso”.

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